Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non può riesaminare le prove
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei rigorosi paletti che delimitano l’accesso al giudizio di legittimità, confermando come un ricorso inammissibile sia la conseguenza quasi certa di un’impugnazione che non rispetta precise regole formali e sostanziali. La Corte di Cassazione, con questa pronuncia, ribadisce il suo ruolo di giudice della legge, non del fatto, e chiarisce perché non può sostituire la propria valutazione delle prove a quella dei giudici di merito.
I Fatti del Caso
Un individuo, condannato nei precedenti gradi di giudizio, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello. La condanna si basava su un elemento di prova cruciale: un frammento di impronta papillare di natura digitale rinvenuto all’interno di un’autovettura e attribuito all’imputato. Il ricorrente contestava l’erronea applicazione della legge e l’illogicità della motivazione con cui i giudici avevano ritenuto quella prova sufficiente a fondare la sua responsabilità penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale, che limitano strettamente i poteri della Corte di Cassazione.
Le Motivazioni: i limiti del ricorso inammissibile
L’ordinanza articola le ragioni dell’inammissibilità attorno a tre pilastri fondamentali del processo di cassazione.
La Ripetizione dei Motivi d’Appello
Il primo motivo di rigetto risiede nella natura stessa del ricorso. I giudici hanno osservato che le argomentazioni presentate non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelle già sollevate e respinte dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica specifica e argomentata contro le ragioni della sentenza impugnata. Limitarsi a riproporre le stesse difese senza confrontarsi con la motivazione del giudice precedente rende i motivi non specifici, ma solo apparenti, e quindi inidonei a innescare un vero controllo di legittimità.
Il Divieto di Rivalutazione del Merito
La Corte ha poi ribadito un principio cardine: è precluso al giudice di legittimità sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi. Il caso in esame, incentrato sull’efficacia probatoria di un frammento di impronta, è emblematico. La Corte d’Appello aveva motivato, in modo esente da vizi logici, le ragioni per cui riteneva quella prova decisiva. La Cassazione non può riesaminare il frammento o riconsiderare la sua attribuibilità; il suo compito è solo verificare che il ragionamento del giudice di merito sia stato logico e conforme alla legge, non decidere se avrebbe raggiunto la stessa conclusione.
L’Errata Invocazione della Violazione di Legge
Infine, l’ordinanza ha smontato il tentativo del ricorrente di mascherare una critica sulla valutazione della prova come una violazione di legge processuale. Il ricorrente aveva lamentato la violazione dell’art. 192 c.p.p. (relativo alla valutazione della prova), cercando di farla rientrare nel motivo di ricorso previsto dall’art. 606, comma 1, lett. c) c.p.p. (inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità). Citando una sentenza delle Sezioni Unite, la Corte ha chiarito che l’eventuale inosservanza dell’art. 192 c.p.p. non è sanzionata con la nullità e, pertanto, non può essere fatta valere attraverso quel specifico motivo di ricorso.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa decisione rafforza l’idea che il ricorso per cassazione è uno strumento straordinario, non un terzo grado di giudizio dove ridiscutere i fatti. Per avere successo, un ricorso deve concentrarsi su precise violazioni di legge o su vizi logici manifesti e decisivi della motivazione, evitando di riproporre questioni di merito già esaminate. La pronuncia serve da monito: la mancata specificità dei motivi e il tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove portano inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna a spese e sanzioni pecuniarie.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché i motivi presentati erano una semplice ripetizione di quelli già respinti dalla Corte d’Appello. Non contenevano una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, risultando così non specifici e solo apparenti.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove, come un’impronta digitale?
No, alla Corte di Cassazione è precluso riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. Il suo compito è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non entrare nel merito dei fatti.
Una scorretta valutazione della prova può essere contestata in Cassazione come violazione di una norma processuale sanzionata con la nullità?
No. L’ordinanza chiarisce, richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite, che l’eventuale violazione dell’articolo 192 del codice di procedura penale (sulla valutazione della prova) non è sanzionata con la nullità. Pertanto, non può essere utilizzata come base per un ricorso ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32810 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32810 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/12/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si contesta l’erronea applicazione delle leggi e l’illogicità della motivazione in ordine alla formazione della prova posta alla base della dichiarazione di responsabilità, non è deducibile in questa sede perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato, inoltre, che è precluso alla Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato (si vedano, in particolare, le pagine da 2 a 4 della impugnata sentenza, dedicate alla disamina della efficacia probatoria del frammento papillare di natura digitale rilevato all’interno dell’autovettura e della sua attribuibilità all’imputato);
considerato, inoltre, che è manifestamente infondato il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limi all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, ai sensi del predetto art. 606, comma 1, lett. c), giacché l’inosservanza dell’art. 192 cod. proc. pen. non è in tal modo sanzionata (Sez. U n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 15 luglio 2025.