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Ricorso inammissibile dopo patteggiamento in appello

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, stabilendo che l’accordo sulla pena in appello (ex art. 599 bis c.p.p.), con rinuncia ai relativi motivi, ha un effetto preclusivo. Tale rinuncia impedisce di sollevare in Cassazione questioni precedentemente abbandonate, come la mancata valutazione di un proscioglimento. La scelta processuale è definitiva e preclude ulteriori gradi di giudizio sui punti rinunciati.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Scelta Definitiva del Patteggiamento in Appello

L’accordo sulla pena in appello, introdotto dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, offre all’imputato la possibilità di ottenere uno sconto di pena in cambio della rinuncia a specifici motivi di impugnazione. Ma cosa succede se, dopo aver accettato tale accordo, si decide comunque di presentare ricorso in Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: tale scelta è definitiva e porta a un ricorso inammissibile. Questo caso offre uno spaccato chiaro delle conseguenze procedurali di una tale strategia difensiva.

I Fatti del Caso

Una persona, condannata in primo grado, presentava appello. Durante il giudizio di secondo grado, la difesa avanzava una richiesta di concordato sulla pena ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p., rinunciando agli altri motivi di gravame. La Corte d’Appello accoglieva la richiesta, rideterminando la pena a tre anni e otto mesi di reclusione.
Nonostante l’accordo, la difesa proponeva ricorso per Cassazione, lamentando, con un unico motivo, la mancata motivazione della Corte territoriale sulla sussistenza dei presupposti per un proscioglimento immediato secondo l’art. 129 c.p.p., una valutazione che, a suo dire, avrebbe dovuto precedere ogni altra decisione.

L’Effetto Preclusivo del Patteggiamento in Appello e il conseguente Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha stroncato sul nascere le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella natura stessa del concordato in appello. Secondo gli Ermellini, la scelta di accedere a questo istituto processuale non è una semplice transazione sulla pena, ma un atto dispositivo con cui la parte rinuncia volontariamente a far valere determinate censure.

Questa rinuncia non limita soltanto il potere del giudice d’appello, ma produce un “effetto preclusivo” che si estende a tutto l’iter processuale, compreso l’eventuale giudizio di legittimità. In altre parole, non si può “tornare indietro” e tentare di rimettere in discussione punti ai quali si è esplicitamente e strategicamente rinunciato in cambio di un beneficio.

La Decisione della Cassazione

La Corte ha sottolineato che il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’art. 599 bis c.p.p. è analogo, negli effetti, alla rinuncia all’impugnazione stessa. Permettere un ricorso su questioni rinunciate svuoterebbe di significato l’istituto del concordato, che si fonda proprio su un bilanciamento tra la rinuncia alla contestazione e la certezza di una pena ridotta.

Di conseguenza, la doglianza relativa alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. è stata ritenuta inammissibile, poiché la rinuncia ai motivi di appello copre implicitamente anche la richiesta di una valutazione preliminare per il proscioglimento. La Corte ha quindi dichiarato l’inammissibilità del ricorso senza formalità di rito, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su un orientamento giurisprudenziale consolidato. Il potere riconosciuto all’imputato dall’art. 599 bis c.p.p. è un atto dispositivo che produce effetti definitivi. La rinuncia ai motivi di appello limita la cognizione del giudice di secondo grado e, soprattutto, preclude la possibilità di sollevare le medesime questioni nel successivo giudizio di legittimità. La Corte equipara questa situazione a una rinuncia all’impugnazione stessa per i punti concordati. Qualsiasi tentativo di riaprire il dibattito su tali punti in Cassazione è, pertanto, destinato a fallire, configurandosi come un ricorso privo dei requisiti di legge e quindi inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un’importante lezione pratica: il patteggiamento in appello è una strada senza ritorno. Se da un lato offre il vantaggio di una pena certa e ridotta, dall’altro comporta la perdita definitiva della facoltà di contestare i punti oggetto di rinuncia. Gli avvocati e i loro assistiti devono ponderare con estrema attenzione questa scelta strategica, consapevoli che essa chiude ogni porta a futuri ripensamenti o a tentativi di ottenere un proscioglimento su questioni abbandonate. La conseguenza di un ricorso tardivo e infondato non è solo il rigetto, ma anche una condanna economica che si aggiunge a quella penale.

È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (art. 599 bis c.p.p.)?
No. L’ordinanza chiarisce che l’accordo sulla pena in appello, che implica la rinuncia ai motivi di impugnazione, ha un effetto preclusivo. Ciò rende inammissibile un successivo ricorso per cassazione basato su questioni a cui si è rinunciato.

La rinuncia ai motivi di appello per un concordato sulla pena impedisce anche al giudice di valutare un’eventuale assoluzione?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la rinuncia ai motivi di appello in funzione dell’accordo sulla pena preclude la possibilità di sollevare successivamente la questione della mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. (proscioglimento per evidente infondatezza dell’accusa), in quanto tale questione rientra tra quelle coperte dalla rinuncia.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile in questo contesto?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 4.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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