Ricorso Inammissibile Dopo Patteggiamento: La Cassazione Chiarisce i Limiti
L’ordinanza n. 20947 del 2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti dell’impugnazione a seguito di un “patteggiamento in appello”. Questa pronuncia chiarisce in modo netto quando un ricorso inammissibile è la conseguenza quasi automatica di una scelta processuale strategica. Analizziamo insieme la decisione per capire le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso: L’Appello Dopo il Concordato
Due imputati, dopo una sentenza della Corte d’Appello di Napoli emessa ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale (il cosiddetto “concordato” o “patteggiamento in appello”), decidevano di presentare ricorso per cassazione. Tramite i loro difensori, lamentavano che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente approfondito le possibili cause di non punibilità, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale. In sostanza, pur avendo raggiunto un accordo sulla pena, ritenevano che il giudice avrebbe dovuto prima verificare la possibilità di un proscioglimento nel merito.
La Pronuncia della Cassazione e il Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha rigettato la tesi difensiva in modo categorico, dichiarando il ricorso inammissibile de plano, ovvero senza neppure fissare un’udienza di discussione. La decisione si fonda su un principio consolidato, rafforzato dalla riforma legislativa del 2017 (legge n. 103), che ha reintrodotto e disciplinato il patteggiamento in grado di appello.
Le Motivazioni: I Limiti Stringenti dell’Impugnazione
La Corte ha spiegato che la scelta di accedere al concordato in appello comporta una rinuncia implicita a far valere gran parte delle possibili doglianze. La giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che, una volta raggiunto l’accordo tra le parti sulla rideterminazione della pena, il ricorso per cassazione è ammesso solo per motivi eccezionali e specifici. Questi motivi sono:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte: ad esempio, se si dimostra che l’imputato ha acconsentito al patteggiamento per errore, violenza o dolo.
2. Mancanza del consenso del pubblico ministero: se l’accordo non è stato validamente raggiunto con l’accusa.
3. Contenuto difforme della pronuncia del giudice: se la sentenza emessa dal giudice non rispecchia l’accordo pattuito tra le parti.
Il motivo sollevato dai ricorrenti – la presunta omessa valutazione delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. – non rientra in nessuna di queste tre categorie. Pertanto, la Corte ha concluso che il ricorso non superava il vaglio preliminare di ammissibilità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi opera nel diritto penale: la scelta del patteggiamento in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Optando per questa via, l’imputato ottiene una riduzione della pena ma, al contempo, limita drasticamente le proprie possibilità di impugnazione successiva. Non è possibile, come tentato nel caso di specie, beneficiare del concordato e poi contestarne il presupposto logico-giuridico in Cassazione. La decisione della Suprema Corte funge da monito: le vie dell’impugnazione post-patteggiamento sono estremamente strette e non possono essere utilizzate per rimettere in discussione il merito della vicenda processuale. La conseguenza di un tentativo contrario è, come visto, la declaratoria di inammissibilità con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione dopo un ‘patteggiamento in appello’?
No. La possibilità di ricorrere è limitata a motivi specifici e non riguarda il merito della decisione. La sentenza chiarisce che il ricorso è ammissibile solo per vizi relativi alla formazione della volontà dell’imputato, al consenso del pubblico ministero o a una decisione del giudice non conforme all’accordo.
Per quale motivo il ricorso degli imputati è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo addotto – il mancato approfondimento delle cause di non punibilità (art. 129 c.p.p.) – non rientra tra le poche eccezioni per cui è consentito impugnare una sentenza di patteggiamento in appello.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta che la Corte di Cassazione non esamina il caso nel merito. I ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20947 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20947 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a AVELLINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/01/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato44,449 e -EtHelErarte — udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
La Corte d’appello di Napoli ha pronunciato sentenza, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali, tramite i propri difensori, hanno proposto ricorso per cassazione avverso la predetta pronuncia, lamentando il mancato approfondimento delle cause di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen.
Rilevato che, a seguito della reintroduzione del c.d. patteggiamento in appello di cui all’art. 599-bis cod. proc. pen., ad opera della legge n. 103 del 2017, rivive il principio, già elaborato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione solo per motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice.
Osservato che il motivo di ricorso dedotto dal ricorrente non rientra fra i casi appena elencati.
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, de plano, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. (introdotto dalla medesima legge n. 103 del 2017), con la condanna del ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.