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Ricorso inammissibile dopo patteggiamento: il limite

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da due imputati avverso una sentenza di patteggiamento in appello. La Corte ha ribadito che, in caso di concordato in appello ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., il ricorso per cassazione è consentito solo per motivi specifici legati alla formazione della volontà, al consenso del PM o a una pronuncia difforme. Poiché il motivo addotto (mancato approfondimento delle cause di non punibilità) non rientrava in tale casistica, il ricorso è stato respinto de plano con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Dopo Patteggiamento: La Cassazione Chiarisce i Limiti

L’ordinanza n. 20947 del 2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti dell’impugnazione a seguito di un “patteggiamento in appello”. Questa pronuncia chiarisce in modo netto quando un ricorso inammissibile è la conseguenza quasi automatica di una scelta processuale strategica. Analizziamo insieme la decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: L’Appello Dopo il Concordato

Due imputati, dopo una sentenza della Corte d’Appello di Napoli emessa ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale (il cosiddetto “concordato” o “patteggiamento in appello”), decidevano di presentare ricorso per cassazione. Tramite i loro difensori, lamentavano che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente approfondito le possibili cause di non punibilità, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale. In sostanza, pur avendo raggiunto un accordo sulla pena, ritenevano che il giudice avrebbe dovuto prima verificare la possibilità di un proscioglimento nel merito.

La Pronuncia della Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha rigettato la tesi difensiva in modo categorico, dichiarando il ricorso inammissibile de plano, ovvero senza neppure fissare un’udienza di discussione. La decisione si fonda su un principio consolidato, rafforzato dalla riforma legislativa del 2017 (legge n. 103), che ha reintrodotto e disciplinato il patteggiamento in grado di appello.

Le Motivazioni: I Limiti Stringenti dell’Impugnazione

La Corte ha spiegato che la scelta di accedere al concordato in appello comporta una rinuncia implicita a far valere gran parte delle possibili doglianze. La giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che, una volta raggiunto l’accordo tra le parti sulla rideterminazione della pena, il ricorso per cassazione è ammesso solo per motivi eccezionali e specifici. Questi motivi sono:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte: ad esempio, se si dimostra che l’imputato ha acconsentito al patteggiamento per errore, violenza o dolo.
2. Mancanza del consenso del pubblico ministero: se l’accordo non è stato validamente raggiunto con l’accusa.
3. Contenuto difforme della pronuncia del giudice: se la sentenza emessa dal giudice non rispecchia l’accordo pattuito tra le parti.

Il motivo sollevato dai ricorrenti – la presunta omessa valutazione delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. – non rientra in nessuna di queste tre categorie. Pertanto, la Corte ha concluso che il ricorso non superava il vaglio preliminare di ammissibilità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi opera nel diritto penale: la scelta del patteggiamento in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Optando per questa via, l’imputato ottiene una riduzione della pena ma, al contempo, limita drasticamente le proprie possibilità di impugnazione successiva. Non è possibile, come tentato nel caso di specie, beneficiare del concordato e poi contestarne il presupposto logico-giuridico in Cassazione. La decisione della Suprema Corte funge da monito: le vie dell’impugnazione post-patteggiamento sono estremamente strette e non possono essere utilizzate per rimettere in discussione il merito della vicenda processuale. La conseguenza di un tentativo contrario è, come visto, la declaratoria di inammissibilità con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione dopo un ‘patteggiamento in appello’?
No. La possibilità di ricorrere è limitata a motivi specifici e non riguarda il merito della decisione. La sentenza chiarisce che il ricorso è ammissibile solo per vizi relativi alla formazione della volontà dell’imputato, al consenso del pubblico ministero o a una decisione del giudice non conforme all’accordo.

Per quale motivo il ricorso degli imputati è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo addotto – il mancato approfondimento delle cause di non punibilità (art. 129 c.p.p.) – non rientra tra le poche eccezioni per cui è consentito impugnare una sentenza di patteggiamento in appello.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta che la Corte di Cassazione non esamina il caso nel merito. I ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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