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Ricorso inammissibile dopo concordato in appello

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9636/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza di patteggiamento in appello. L’accordo tra le parti sulla pena, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., implica la rinuncia a contestare i punti concordati, come la qualificazione giuridica del reato. Il ricorso è possibile solo in casi eccezionali, come per una pena illegale, non per ridiscutere il merito dell’accordo.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Accordo in Appello Chiude le Porte alla Cassazione

L’ordinanza n. 9636 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti dell’impugnazione a seguito di un ‘concordato sui motivi di appello’, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale. La decisione sottolinea come l’accordo tra le parti precluda, di norma, un successivo ricorso, rendendolo un ricorso inammissibile. Questa pronuncia è fondamentale per comprendere la natura deflattiva e vincolante di tale istituto processuale.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un procedimento penale in cui, in secondo grado, la difesa dell’imputato e la procura generale avevano raggiunto un accordo sulla pena. La Corte di Appello di Torino, accogliendo l’accordo, aveva rideterminato la sanzione in un anno e quattro mesi di reclusione e 240 euro di multa. Nonostante l’accordo, il difensore proponeva ricorso per cassazione, lamentando un’errata qualificazione giuridica del fatto. Secondo la difesa, il reato contestato doveva essere classificato come furto e non come rapina, il che avrebbe comportato una pena significativamente più mite. La difesa sosteneva quindi una violazione di legge e un vizio di motivazione della sentenza d’appello.

La Decisione della Corte e il Principio del Ricorso Inammissibile

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: l’accordo raggiunto dalle parti in appello, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., implica una rinuncia a contestare i punti che sono stati oggetto dell’accordo stesso. Di conseguenza, non è possibile presentare un successivo ricorso per cassazione per rimettere in discussione tali punti, come la qualificazione giuridica del reato o l’entità della pena concordata. La natura stessa dell’istituto del ‘concordato’ è quella di chiudere la controversia sui punti concordati, evitando ulteriori gradi di giudizio.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha chiarito che il ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è ammissibile solo in casi eccezionali e circoscritti. In particolare, è possibile ricorrere quando si contestano vizi relativi alla formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, o quando la pronuncia del giudice si discosta dall’accordo stesso.

Inoltre, un ricorso è considerato ammissibile solo se denuncia l’irrogazione di una pena ‘illegale’, ovvero una sanzione che non rientra nei limiti previsti dalla legge per quel reato o che è di un tipo diverso da quello previsto. Nel caso di specie, invece, il ricorrente non lamentava una pena illegale, ma contestava la qualificazione giuridica del fatto, aspetto che era stato implicitamente accettato con la sottoscrizione dell’accordo. L’accordo tra le parti, accettando una determinata pena per il reato contestato (rapina), cristallizza quella qualificazione giuridica, impedendo una sua successiva riconsiderazione nel giudizio di legittimità. Di conseguenza, il tentativo di riaprire la discussione su questo punto si traduce in un ricorso inammissibile.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma la natura vincolante del concordato in appello come strumento per definire il processo. La scelta di accedere a questo rito processuale comporta una ponderazione attenta da parte della difesa, poiché preclude quasi ogni possibilità di un successivo ricorso per cassazione sui punti oggetto dell’accordo. Le uniche porte che rimangono aperte sono quelle, molto strette, relative a vizi del consenso o all’applicazione di una pena palesemente illegale. La conseguenza della declaratoria di inammissibilità è severa: il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a testimonianza del carattere definitivo della decisione presa in appello.

È possibile presentare ricorso per cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (c.d. “concordato”)?
Di norma no. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’accordo implica la rinuncia a dedurre in un successivo giudizio doglianze relative ai punti concordati, come la qualificazione giuridica del fatto o l’entità della pena.

Quali sono le uniche eccezioni per cui un ricorso dopo un concordato in appello può essere considerato ammissibile?
Il ricorso è ammissibile solo se si contestano motivi relativi alla formazione della volontà di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, oppure se la pena applicata è ‘illegale’, cioè non prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Come previsto dall’art. 616 c.p.p., alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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