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Ricorso inammissibile dopo concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, stabilendo che un imputato, dopo aver accettato un concordato in appello e rinunciato ai motivi di gravame, non può riproporli in sede di legittimità. L’accordo limita la cognizione della Corte ai soli motivi non oggetto di rinuncia, a meno che non venga irrogata una pena illegale. Nel caso specifico, la contestazione sulla pena pecuniaria è stata respinta poiché considerata parte integrante dell’accordo accettato dalle parti.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Accordo in Appello Preclude la Cassazione

Nel processo penale, l’istituto del “concordato in appello” rappresenta uno strumento per definire il giudizio di secondo grado in modo più celere. Tuttavia, la scelta di aderirvi comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare ulteriormente la decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di tale facoltà, ribadendo un principio consolidato: dopo l’accordo, il ricorso inammissibile è la sanzione per chi tenta di ridiscutere i punti oggetto di rinuncia.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Palermo. L’imputato, dopo aver inizialmente proposto appello, decideva di rinunciare ai propri motivi di impugnazione, raggiungendo un accordo con la Procura sulla pena da applicare. La Corte di Appello, preso atto della rinuncia e della proposta concordata, accoglieva la richiesta, rideterminando la sanzione.

Nonostante l’accordo, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per cassazione. L’unica doglianza sollevata riguardava una presunta violazione di legge, nello specifico l’illegittima mancata riduzione della pena pecuniaria. Si contestava, in sostanza, un aspetto della pena che era stato oggetto dell’accordo stesso.

La Decisione della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza mezzi termini. La decisione si fonda su un orientamento giurisprudenziale ormai stabile, secondo cui l’accordo raggiunto tra le parti ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale limita drasticamente l’ambito del successivo controllo di legittimità.

In pratica, l’imputato, rinunciando ai motivi di appello in cambio di una pena concordata, accetta la sentenza nella sua interezza, compresi tutti gli aspetti della sanzione. Riproporre in Cassazione questioni relative ai motivi rinunciati costituisce una pratica non consentita, che porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte è chiara e lineare. L’istituto del concordato in appello si basa su un patto processuale: l’imputato rinuncia a contestare la decisione di primo grado su determinati punti e, in cambio, ottiene una pena più favorevole. Questo accordo, una volta recepito dal giudice d’appello, “cristallizza” la situazione processuale.

La Corte di Cassazione ha specificato che il suo potere di cognizione, in questi casi, è limitato esclusivamente ai motivi che non sono stati oggetto di rinuncia. L’unica, e fondamentale, eccezione a questa regola è l’ipotesi in cui la pena concordata e applicata sia “illegale”, ovvero una pena non prevista dall’ordinamento per quel reato o applicata in violazione di norme inderogabili. Nel caso di specie, la pena pecuniaria non era illegale, ma semplicemente ritenuta non sufficientemente ridotta dal ricorrente. Tuttavia, essendo stata parte integrante dell’accordo accettato, la sua congruità era stata implicitamente avallata dall’imputato stesso, con conseguente rinuncia a ogni successiva sindacabilità.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante monito sulle implicazioni strategiche del concordato in appello. Se da un lato rappresenta un’opportunità per l’imputato di ottenere una riduzione della pena e una rapida definizione del processo, dall’altro comporta una rinuncia quasi totale a ulteriori gradi di giudizio sui punti concordati. La scelta di percorrere questa strada deve essere ponderata attentamente, poiché preclude la possibilità di sollevare in Cassazione doglianze che non riguardino l’illegalità della pena. La decisione della Suprema Corte rafforza la natura pattizia e definitiva del concordato, confermando che i patti processuali, una volta siglati, devono essere rispettati.

È possibile presentare un ricorso per cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello)?
No, il ricorso per cassazione è inammissibile se ripropone motivi che sono stati oggetto di rinuncia nell’ambito dell’accordo, poiché l’accordo delle parti limita la cognizione del giudice di legittimità.

Ci sono eccezioni alla regola dell’inammissibilità del ricorso dopo un concordato in appello?
Sì, l’unica eccezione menzionata nella decisione è il caso in cui venga irrogata una pena illegale, cioè una sanzione non prevista o applicata in violazione delle norme di legge.

Se si accetta una pena pecuniaria in un concordato, si può poi contestarne l’importo in Cassazione?
No, secondo l’ordinanza, la pena pecuniaria concordata è stata ritenuta congrua dalle parti al momento dell’accordo. Accettandola, l’imputato ha implicitamente rinunciato a contestarne la congruità, rendendo inammissibile un successivo ricorso su tale punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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