LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile contro ordinanze interlocutorie

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso un’ordinanza che rigettava un’eccezione di nullità del decreto di giudizio immediato. La Suprema Corte ribadisce che le ordinanze interlocutorie non sono immediatamente impugnabili, salvo il caso di abnormità. Anche in relazione alla misura cautelare, viene specificato che il rimedio corretto non è il ricorso diretto in Cassazione, ma l’appello, rendendo così il ricorso inammissibile sotto ogni profilo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Chiarisce i Limiti all’Impugnazione delle Ordinanze Interlocutorie

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36598 del 2025, torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: i limiti all’impugnazione dei provvedimenti del giudice. La decisione sottolinea un principio fondamentale: non tutte le ordinanze emesse durante un processo possono essere contestate immediatamente. In particolare, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile presentato dalla difesa contro un’ordinanza interlocutoria, chiarendo quando e come è possibile contestare tali decisioni, specialmente quando sono in gioco misure cautelari.

Il Caso: L’Eccezione di Nullità del Giudizio Immediato

Il caso trae origine da un procedimento penale in cui un imputato, sottoposto a misura cautelare, si trovava a fronteggiare un giudizio immediato per reati gravi, tra cui ricettazione e detenzione di armi da guerra. La difesa aveva sollevato una questione preliminare, eccependo la nullità del decreto di giudizio immediato.

Secondo l’avvocato, il decreto era illegittimo perché emesso solo per alcuni dei reati connessi, mentre per altri era stata disposta una separazione procedurale. Questa separazione, ritenuta artificiosa, avrebbe dovuto comportare la nullità del decreto e, di conseguenza, la regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari. L’effetto pratico di tale regressione sarebbe stato il superamento dei termini di durata della custodia cautelare, con conseguente perdita di efficacia della misura.

Il Tribunale di Locri, tuttavia, respingeva l’eccezione con un’ordinanza interlocutoria. Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso diretto in Cassazione.

La Decisione della Cassazione: Perché il ricorso è inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su principi consolidati della procedura penale. L’analisi dei giudici si è concentrata su due aspetti principali: la natura dell’ordinanza impugnata e gli strumenti corretti per contestare le decisioni in materia di libertà personale.

Il Principio della Non Immediata Impugnabilità

Il Codice di procedura penale (art. 586) stabilisce una regola generale: le ordinanze emesse nel corso del dibattimento possono essere impugnate solo unitamente alla sentenza finale. Non è consentito, quindi, ‘interrompere’ il processo per contestare ogni singola decisione procedurale del giudice.

L’unica eccezione a questa regola è rappresentata dagli atti cosiddetti ‘abnormi’, ovvero provvedimenti talmente anomali da uscire completamente dallo schema legale, creando una situazione di stallo insanabile. In questo caso, la Corte ha escluso che l’ordinanza del Tribunale avesse tale carattere. Rigettare un’eccezione preliminare, anche se potenzialmente errata, è un atto fisiologico del processo e non ne stravolge la struttura.

Il ricorso inammissibile e la Gestione delle Misure Cautelari

La difesa sosteneva che il ricorso fosse ammissibile perché l’ordinanza incideva sulla libertà personale dell’imputato. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che anche sotto questo profilo il ricorso era errato. L’art. 311 c.p.p. consente il ricorso diretto in Cassazione (cosiddetto per saltum) solo contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva.

Per contestare un provvedimento che, come in questo caso, respinge una richiesta di revoca o di declaratoria di inefficacia di una misura, lo strumento corretto è l’appello al Tribunale del Riesame, previsto dall’art. 310 c.p.p. Presentare un ricorso diretto in Cassazione costituisce, pertanto, un errore procedurale che rende l’impugnazione inammissibile.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di garantire un ordinato svolgimento del processo, evitando impugnazioni dilatorie su questioni procedurali che possono e devono essere decise unitamente al merito. La Corte ha precisato che la questione principale sollevata dalla difesa riguardava la nullità del decreto di giudizio immediato, una questione puramente processuale. La questione della perdita di efficacia della misura cautelare era solo una conseguenza logica e subordinata della prima. Non essendo possibile impugnare l’atto principale (l’ordinanza sulla nullità), non era ammissibile neanche l’impugnazione per la sua conseguenza sulla misura cautelare.

Inoltre, i giudici hanno ribadito un principio giurisprudenziale importante: la misura cautelare non perde efficacia se l’atto che segna il passaggio di fase (in questo caso, il decreto di giudizio immediato) viene emesso entro i termini, anche se tale atto dovesse poi rivelarsi affetto da vizi di nullità. La nullità, infatti, dovrà essere fatta valere nei modi e nei tempi previsti, ma non produce un effetto automatico e retroattivo sui termini di custodia.

Conclusioni

La sentenza in esame offre un importante ripasso delle regole sull’impugnazione in materia processuale penale. Le conclusioni pratiche sono chiare:
1. Le ordinanze interlocutorie, che non definiscono il processo, non sono di norma immediatamente ricorribili, ma vanno contestate insieme alla sentenza finale.
2. L’eccezione dell’atto abnorme è riservata a casi eccezionali di stallo processuale e non a presunti errori di valutazione del giudice.
3. In materia di misure cautelari, è fondamentale scegliere il mezzo di impugnazione corretto: il ricorso diretto in Cassazione è un rimedio eccezionale, mentre la regola è l’appello ex art. 310 c.p.p. per le ordinanze che non dispongono ma incidono sulla durata della misura.

Questa decisione ribadisce la rigidità e la tassatività del sistema delle impugnazioni, volto a bilanciare il diritto di difesa con l’esigenza di efficienza e celerità del processo penale.

È possibile impugnare immediatamente un’ordinanza del Tribunale che rigetta un’eccezione processuale preliminare?
No, di regola non è possibile. Secondo l’art. 586 del codice di procedura penale, le ordinanze interlocutorie emesse nel corso del giudizio possono essere impugnate solo unitamente alla sentenza che definisce quel grado di processo. L’impugnazione immediata è ammessa solo per gli atti processuali considerati ‘abnormi’.

Quale è il rimedio corretto per contestare un’ordinanza che respinge una richiesta di declaratoria di inefficacia di una misura cautelare?
Il rimedio corretto non è il ricorso immediato per Cassazione, ma l’appello dinanzi al Tribunale del Riesame, secondo quanto previsto dall’art. 310 del codice di procedura penale. Il ricorso diretto in Cassazione (per saltum) è consentito solo avverso le ordinanze che dispongono per la prima volta una misura coercitiva.

La nullità del decreto di giudizio immediato determina automaticamente la perdita di efficacia della misura cautelare per decorrenza dei termini?
No. La Corte ha ribadito il principio secondo cui l’inefficacia della misura cautelare per superamento dei termini di fase non si determina quando l’atto che segna il passaggio di fase (come il decreto di giudizio immediato) sia stato emesso tempestivamente, anche se affetto da vizi di nullità. Tali vizi dovranno essere fatti valere con gli specifici mezzi di impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati