Ricorso Inammissibile: Quando il PM Non Può Appellare una Doppia Assoluzione
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: i limiti all’impugnazione delle sentenze di assoluzione da parte del Pubblico Ministero. Quando un imputato viene assolto sia in primo grado sia in appello, il ricorso del Procuratore diventa un percorso a ostacoli, non sempre superabile. Questo caso offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, fornendo spunti essenziali sui paletti procedurali posti a garanzia del giudicato.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da un’accusa per un reato previsto dalla normativa sui reati tributari (art. 2 del d.lgs. 74/2000). L’imputata, dopo essere stata sottoposta a giudizio, era stata assolta con formula piena per insussistenza del fatto, sia dal Tribunale in primo grado sia dalla Corte d’Appello.
Nonostante la doppia pronuncia favorevole all’imputata, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello decideva di proseguire l’azione penale, proponendo ricorso per cassazione. Il motivo addotto era il presunto “vizio di motivazione” della sentenza di secondo grado, ritenendo cioè che i giudici d’appello non avessero adeguatamente giustificato la loro decisione di confermare l’assoluzione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha messo un punto fermo alla questione, dichiarando il ricorso del Procuratore Generale semplicemente inammissibile. La Corte non è nemmeno entrata nel merito delle argomentazioni dell’accusa, poiché ha riscontrato un ostacolo procedurale insormontabile che ha impedito la disamina della questione.
Le Motivazioni: un ricorso inammissibile per limiti di legge
La motivazione della Suprema Corte è netta e si basa su una specifica norma del codice di procedura penale: l’articolo 608, comma 1-bis. Questa disposizione è stata introdotta per limitare la possibilità per il pubblico ministero di impugnare le cosiddette “doppie conformi assolutorie”, ovvero le sentenze di assoluzione emesse in primo grado e confermate in appello.
La legge stabilisce che, in questi casi, il ricorso per cassazione è consentito solo per specifici motivi, elencati nelle lettere a), b) e c) dell’articolo 606 del codice di procedura penale. Questi motivi riguardano questioni di stretta legalità, come la violazione di norme procedurali o l’errata applicazione della legge penale.
Crucialmente, la norma esclude la possibilità di ricorrere per “vizio di motivazione” (previsto dalla lettera e) dello stesso articolo 606). Il Procuratore Generale aveva fondato il suo ricorso proprio su questo motivo, contestando il percorso logico-argomentativo della Corte d’Appello. Avendo scelto un motivo non consentito dalla legge in questa specifica situazione, il suo ricorso è stato automaticamente qualificato come ricorso inammissibile.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma l’intento del legislatore di porre un freno alla possibilità di impugnazione delle doppie sentenze di assoluzione, in un’ottica di economia processuale e di tutela della posizione dell’imputato, che ha già ottenuto due verdetti favorevoli. La decisione sottolinea che l’accesso alla Corte di Cassazione non è illimitato e che il rispetto delle regole procedurali è un prerequisito fondamentale. Per l’accusa, la scelta dei motivi di ricorso contro una doppia assoluzione deve essere estremamente rigorosa e limitata alle sole violazioni di legge espressamente previste, pena l’immediata dichiarazione di inammissibilità.
Il Pubblico Ministero può sempre ricorrere in Cassazione contro una sentenza di assoluzione?
No. Se la sentenza di assoluzione del primo grado è confermata in appello (c.d. “doppia conforme assolutoria”), il ricorso del Pubblico Ministero è limitato a specifici motivi previsti dalla legge (art. 608, comma 1-bis, c.p.p.), escludendo, ad esempio, il vizio di motivazione.
Cosa significa che un ricorso è “inammissibile”?
Significa che il ricorso presenta un difetto procedurale che ne impedisce l’esame nel merito. In questo caso, il difetto consisteva nell’aver proposto il ricorso per un motivo non consentito dalla legge in quella specifica situazione processuale.
Perché il “vizio di motivazione” non era un motivo valido in questo caso?
Perché la legge (art. 608, comma 1-bis, c.p.p.) limita esplicitamente i motivi di ricorso del PM contro una doppia assoluzione, consentendoli solo per le violazioni di legge indicate nelle lettere a), b) e c) dell’art. 606 c.p.p. Il vizio di motivazione, previsto alla lettera e), è escluso da questo elenco.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6440 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6440 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI PERUGIA nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a MAGIONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/11/2022 della CORTE APPELLO di PERUGIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con l’unico motivo di ricorso proposto dal Procuratore generale contro NOME, imputata per il reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000 e assolta in primo e secondo grado per insussistenza del fatto, deduce il vizio di motivazione, in modo non consentito dalla legge in sede di legittimità;
che trova infatti applicazione l’art. 608, comma 1-bis, cod. proc. pen., che limita il ricorso per cassazione contro le sentenze di appello che confermino le sentenze di proscioglimento di primo grado «solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 606»;
ritenuto, quindi, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Pr idente