Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21737 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21737 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO il 05/04/1982
avverso la sentenza del 15/10/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge e
vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 648 cod. pen., risulta manifestamente infondato, oltre che privo dei
requisiti di cui all’ art. 591, comma 1, cod. proc. pen., in quanto, riproducendo profili di censura già dedotti in appello e già congruamente esaminati e disattesi
dalla Corte territoriale, risulta aspecifico, non caratterizzandosi per un effettivo confronto con la complessità delle ragioni di fatto e di diritto poste a base della
sentenza impugnata (si veda pag. 2);
che, infatti, i giudici di appello, con lineare e logica motivazione, hanno
correttamente affermato la sussistenza del reato di ricettazione ascritto all’odierno ricorrente per aver acquistato o ricevuto l’orologio di provenienza illecita,
sottolineando, in conformità con i principi affermati nella giurisprudenza di legittimità (opportunamente richiamati nella già citata pag. 2 della impugnata
sentenza), che l’integrazione della fattispecie di cui all’art. 648 cod. pen. non richiede né il previo accertamento di ogni elemento costitutivo del delitto
presupposto né la formale denuncia di quest’ultimo, ben potendo l’origine delittuosa del bene desumersi dalla natura e dalle caratteristiche del bene stesso; rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 23 maggio 2025.