Ricorso Inammissibile: le Conseguenze Economiche per il Ricorrente
Quando si presenta un’impugnazione, è fondamentale che questa rispetti tutti i requisiti di legge. Un ricorso inammissibile non solo impedisce al giudice di esaminare il merito della questione, ma può anche comportare significative conseguenze economiche per chi lo ha proposto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ce lo ricorda, applicando una sanzione pecuniaria a un ricorrente.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da un’ordinanza emessa dal Tribunale di Napoli. Un soggetto, ritenendosi leso da tale provvedimento, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione. Il caso è stato quindi assegnato alla Settima Sezione Penale della Suprema Corte per la valutazione preliminare sulla sua ammissibilità.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, dopo aver esaminato gli atti e ascoltato la relazione del Consigliere designato, ha emesso un’ordinanza con cui ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel vivo delle ragioni del ricorrente, ma si ferma a un livello precedente: l’impugnazione, per vizi di forma o di sostanza, non poteva neppure essere discussa.
Come diretta conseguenza di questa declaratoria, la Corte ha condannato il ricorrente a due pagamenti distinti:
1. Il pagamento delle spese processuali sostenute nel giudizio di legittimità.
2. Il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: le conseguenze automatiche del ricorso inammissibile
La motivazione della condanna economica risiede nell’applicazione diretta dell’articolo 616 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, quando la Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
In aggiunta, la stessa norma prevede l’obbligo di versare una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, a meno che non sussistano eccezionali ipotesi di esonero (che nel caso di specie non sono state ravvisate). La ratio di questa disposizione è duplice: da un lato, scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o dilatori, che sovraccaricano il sistema giudiziario; dall’altro, sanzionare l’abuso dello strumento processuale. L’importo della sanzione viene determinato discrezionalmente dal giudice, tenendo conto delle circostanze del caso concreto.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza, pur nella sua sinteticità, offre un’importante lezione pratica. Proporre un ricorso per Cassazione è un diritto, ma va esercitato con consapevolezza e con l’assistenza di un legale esperto, capace di valutare preliminarmente le reali possibilità di successo e, soprattutto, i requisiti di ammissibilità. La presentazione di un ricorso inammissibile non è un’azione priva di conseguenze: il rischio non è solo quello di vedere confermato il provvedimento impugnato, ma anche di subire una condanna economica che può essere anche significativa. Prima di intraprendere un’azione legale, è quindi essenziale una valutazione attenta del rapporto tra i potenziali benefici e i rischi, inclusi quelli di natura economica.
Cosa succede quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
La parte che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e, inoltre, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Qual è la norma che prevede la sanzione economica in caso di inammissibilità?
La sanzione è prevista dall’articolo 616 del codice di procedura penale, che ne fa una conseguenza quasi automatica della dichiarazione di inammissibilità.
A quanto ammontava la sanzione pecuniaria nel caso specifico esaminato dall’ordinanza?
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha condannato il ricorrente a versare la somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15524 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15524 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN GIORGIO A CREMANO il 06/06/1957
avverso l’ordinanza del 17/12/2024 del TRIBUNALE di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME nel quale il difensore
si duole del vizio di motivazione e della violazione di legge in relazione agli artt. 656
e 657 cod. proc. pen. – sono manifestamente infondate.
Invero, il provvedimento impugnato fa leva sull’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità secondo cui la sospensione dell’ordine di esecuzione di
una pena detentiva breve, prevista dall’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., non opera nei confronti del condannato che, al momento della esecuzione di tale pena, si trovi
già detenuto in carcere in espiazione di altro titolo (sez. I, n. 42637/2022, Rv.
283688).
Osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 3 aprile 2025.