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Ricorso inammissibile: condanna alle spese e sanzione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una sentenza della Corte d’Appello. La decisione si basa su motivi di ricorso non consentiti, come la critica alla determinazione della pena non illegale. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro, evidenziando la colpa nella proposizione di un gravame privo dei requisiti di legge.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello in Cassazione Porta a Spese e Sanzioni

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una strada percorribile per ogni tipo di contestazione. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile non solo venga respinto, ma comporti anche conseguenze economiche significative per chi lo propone. Analizziamo insieme questo caso per capire i limiti del ricorso e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Messina. Un imputato, ritenendosi ingiustamente condannato, decideva di presentare ricorso per Cassazione tramite il proprio legale. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della decisione di secondo grado. Tuttavia, il ricorso veniva trattato con il cosiddetto “rito de plano”, una procedura semplificata che non prevede un’udienza pubblica, solitamente utilizzata quando l’esito appare scontato, come nei casi di manifesta inammissibilità.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, dopo aver esaminato gli atti, ha emesso un’ordinanza per dichiarare il ricorso inammissibile. Questa decisione ha impedito ai giudici di entrare nel merito delle questioni sollevate, fermando il processo al vaglio preliminare dei requisiti di ammissibilità. La conseguenza diretta è stata non solo la conferma della sentenza impugnata, ma anche l’imposizione di sanzioni a carico del ricorrente.

Le Motivazioni della Declaratoria di Inammissibilità

La Corte ha fondato la sua decisione su principi consolidati della procedura penale. I giudici hanno spiegato che non tutte le critiche a una sentenza possono essere portate all’attenzione della Cassazione. Nel caso specifico, i motivi di inammissibilità erano plurimi:

1. Motivi Rinunciati: Alcune delle doglianze erano relative a punti a cui il ricorrente aveva, di fatto, già rinunciato in precedenza.
2. Mancata Valutazione ex art. 129 c.p.p.: Il ricorso lamentava una mancata valutazione delle condizioni per un proscioglimento immediato, ma tale motivo è stato ritenuto inammissibile.
3. Vizi sulla Determinazione della Pena: Il punto cruciale riguarda la contestazione sulla quantificazione della pena. La Cassazione ha ribadito, citando un proprio precedente (Sez. 1, n. 944/2020), che le critiche relative alla determinazione della pena sono inammissibili se non denunciano una vera e propria “illegalità” della sanzione. L’illegalità si verifica solo quando la pena inflitta è di un genere diverso da quello previsto dalla legge o è stata determinata al di fuori dei limiti edittali (minimo e massimo). Nel caso in esame, il ricorrente contestava la valutazione discrezionale del giudice, non un’illegalità della pena, rendendo il motivo non accoglibile in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Conseguenze Economiche e Principio di Diritto

La declaratoria di ricorso inammissibile ha attivato le disposizioni dell’art. 616 del codice di procedura penale. La norma prevede che, in questi casi, il ricorrente sia condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha condannato il ricorrente al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria non è automatica, ma viene inflitta quando la Corte ravvisa “profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”. In altre parole, si sanziona chi intraprende un’azione legale con leggerezza, proponendo un ricorso palesemente infondato o basato su motivi che la giurisprudenza costante considera inammissibili.

L’ordinanza, quindi, non solo chiude una vicenda processuale, ma riafferma un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione è uno strumento per far valere violazioni di legge e vizi procedurali gravi, non un’ulteriore opportunità per ridiscutere il merito delle decisioni dei giudici dei gradi precedenti.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile, come nel caso di specie, quando si basa su motivi che sono stati oggetto di rinuncia, quando solleva critiche non consentite in sede di legittimità (come la valutazione discrezionale della pena, se questa non è illegale) o quando mancano altri requisiti previsti dalla legge.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, se viene ravvisata una colpa nella sua proposizione, anche al pagamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a tremila euro.

È possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa da un giudice?
No, non è generalmente possibile contestare la misura della pena se essa rientra nella valutazione discrezionale del giudice. L’impugnazione in Cassazione è ammessa solo se si lamenta l’illegalità della sanzione, ovvero se la pena è di un tipo diverso da quello previsto dalla legge o se è stata fissata al di fuori dei limiti minimi e massimi stabiliti dalla norma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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