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Ricorso inammissibile: condanna alle spese e multa

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché basato su una mera rivalutazione dei fatti relativi alla recidiva. La decisione comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende, confermando le severe conseguenze di un’impugnazione infondata.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Conseguenze Economiche

Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, è fondamentale che questo sia fondato su vizi di legittimità e non su una semplice contestazione dei fatti. Un recente provvedimento della Suprema Corte ha ribadito questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile e condannando il proponente a significative conseguenze economiche. Questa decisione sottolinea l’importanza di un’attenta valutazione prima di impugnare una sentenza, per evitare sanzioni che si aggiungono alle spese legali.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’impugnazione si concentrava su un punto specifico: le ragioni che avevano giustificato l’applicazione della recidiva, ovvero l’aumento di pena previsto per chi commette un nuovo reato dopo una precedente condanna. Il ricorrente, di fatto, contestava la valutazione compiuta dal giudice di merito, ritenendola non adeguatamente motivata.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso con una declaratoria di inammissibilità. Gli Ermellini hanno osservato che le doglianze del ricorrente non sollevavano questioni di diritto, ma si traducevano in una richiesta di “mera rivalutazione di dati”. In altre parole, si chiedeva alla Suprema Corte di riesaminare i fatti e le prove, un’attività che esula dalle sue competenze di giudice di legittimità. La motivazione della Corte d’Appello sulla recidiva è stata considerata più che adeguata, rendendo l’impugnazione manifestamente infondata.

Le Motivazioni della Condanna

La dichiarazione di inammissibilità ha attivato automaticamente le disposizioni dell’articolo 616 del codice di procedura penale. La Corte ha richiamato la sentenza n. 186 del 2000 della Corte Costituzionale, la quale stabilisce che, in assenza di prove che la parte abbia agito senza colpa nel determinare la causa di inammissibilità, alla declaratoria consegue una condanna economica. Poiché nel caso di specie non sono emersi elementi per escludere la colpa del ricorrente nell’aver proposto un’impugnazione palesemente infondata, la Corte ha applicato la sanzione prevista.

Le Conclusioni: Spese Processuali e Versamento alla Cassa delle Ammende

In conclusione, la Suprema Corte non solo ha dichiarato il ricorso inammissibile, ma ha anche condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali. A ciò si è aggiunto l’ordine di versare la somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione deve essere uno strumento per contestare errori di diritto e non un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio nel merito. Le conseguenze di un’impugnazione temeraria o infondata possono essere, come in questo caso, molto onerose.

Cosa succede quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente, se ritenuto in colpa per aver proposto il ricorso, viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso in questione è stato giudicato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché le argomentazioni proposte non vertevano su questioni di diritto, ma si limitavano a chiedere una nuova valutazione dei fatti relativi all’applicazione della recidiva, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.

A quanto ammonta la sanzione e a chi viene versata?
In questo caso, la Corte ha fissato la somma in 3.000 euro. Tale importo deve essere versato alla Cassa delle ammende, un ente pubblico che finanzia progetti per il reinserimento dei detenuti e il miglioramento delle infrastrutture carcerarie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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