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Ricorso inammissibile: condanna alle spese e multa

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza del Giudice dell’Udienza Preliminare. A seguito di questa decisione, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro, in applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: le Conseguenze della Condanna in Cassazione

Quando un ricorso inammissibile viene presentato alla Corte di Cassazione, le conseguenze per il proponente possono essere significative, non solo dal punto di vista legale ma anche economico. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce l’applicazione automatica delle sanzioni previste dalla legge in questi casi, evidenziando come le intenzioni successive dell’imputato non possano sanare i vizi originari dell’impugnazione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza del Giudice dell’Udienza Preliminare. L’oggetto del contendere riguardava un provvedimento prefettizio relativo a un’autovettura. L’interessato, pur avendo ancora tempo per impugnare l’atto amministrativo, aveva manifestato l’intenzione di conformarsi ad esso. Tuttavia, aveva contemporaneamente denunciato il furto del veicolo, un comportamento che la Corte ha ritenuto irrilevante ai fini della valutazione dell’impugnazione.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, nella sua ordinanza, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato come i propositi successivi del ricorrente, come la denuncia di furto e l’intenzione di consegnare il veicolo, non avessero alcun peso legale per superare i motivi di inammissibilità dell’appello. La decisione si fonda su un principio procedurale chiaro: l’appello deve essere valido nei suoi presupposti al momento in cui viene presentato.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è lapidaria e si basa sull’applicazione diretta dell’articolo 616 del Codice di Procedura Penale. Questa norma stabilisce che, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il giudice deve condannare la parte privata che lo ha proposto al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la legge prevede il pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene fissato dal giudice tenendo conto della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che non vi fossero elementi per escludere la colpa del ricorrente e ha quindi applicato la sanzione pecuniaria nella misura di tremila euro. La decisione evidenzia che le giustificazioni o i comportamenti successivi alla presentazione del ricorso non possono influenzare la valutazione sulla sua ammissibilità iniziale.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la presentazione di un ricorso in Cassazione è un atto che richiede rigore e fondatezza giuridica. Un ricorso inammissibile non solo non ottiene il risultato sperato di una revisione della sentenza, ma comporta anche conseguenze economiche dirette e severe. Gli imputati e i loro difensori devono quindi valutare con estrema attenzione i presupposti di ammissibilità prima di adire la Suprema Corte, per evitare di incorrere nella condanna alle spese processuali e al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Cosa succede quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la parte che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

Quali sono le sanzioni economiche previste in caso di inammissibilità?
In questo caso specifico, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di tremila euro da versare alla Cassa delle ammende.

Le intenzioni o i comportamenti successivi del ricorrente possono sanare l’inammissibilità del ricorso?
No, la Corte ha stabilito che i propositi manifestati successivamente, come la denuncia di furto del veicolo o l’intenzione di adempiere a un provvedimento, sono irrilevanti ai fini della valutazione sull’ammissibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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