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Ricorso inammissibile: condanna alle spese e multa

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro un’ordinanza del Tribunale di Napoli. Il ricorrente è condannato a pagare le spese processuali e una multa di 3.000 euro per colpa nella presentazione del ricorso, confermando le gravi conseguenze di un appello temerario.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma la Condanna a Spese e Multa

Presentare un ricorso in Cassazione è un diritto fondamentale, ma non è privo di responsabilità. Un ricorso inammissibile, ovvero un appello che manca dei presupposti di legge per essere esaminato, non solo viene respinto, ma può comportare serie conseguenze economiche per chi lo propone. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio, ribadendo un principio cruciale: la giustizia non deve essere intasata da iniziative legali palesemente infondate.

Il Caso in Esame: Un Appello Respinto in Partenza

La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un cittadino avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale di Napoli nel settembre 2024. Il ricorrente ha deciso di impugnare tale provvedimento davanti alla Corte di Cassazione, il massimo organo della giustizia italiana. Tuttavia, l’esito non è stato quello sperato.

La Decisione della Corte Suprema

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, dopo aver esaminato gli atti, ha emesso una decisione netta e inequivocabile: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa decisione significa che i giudici non sono nemmeno entrati nel merito della questione, fermandosi a una valutazione preliminare che ha evidenziato la mancanza dei requisiti essenziali per procedere.

Le Conseguenze del Ricorso Inammissibile: Non Solo Spese

La declaratoria di inammissibilità non è stata l’unica conseguenza per il ricorrente. La Corte ha applicato rigorosamente la legge, condannandolo a due distinti pagamenti:

1. Pagamento delle spese processuali: come di consueto, la parte soccombente deve farsi carico dei costi del procedimento.
2. Pagamento di una somma alla Cassa delle ammende: questa è la sanzione più significativa. Il ricorrente è stato condannato a versare la somma di tremila euro.

Questa seconda condanna non è automatica, ma scatta quando il giudice ravvisa una colpa nella presentazione del ricorso.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sanzione aggiuntiva evidenziando la presenza di ‘profili di colpa’ nella presentazione del ricorso. Ciò significa che l’appello non era semplicemente infondato, ma è stato proposto senza la necessaria diligenza e ponderazione, forse in modo avventato o con argomentazioni palesemente insostenibili. Per sostenere questa decisione, la Corte ha richiamato un importante precedente della Corte Costituzionale (sentenza n. 186 del 2000), che ha legittimato l’applicazione di sanzioni pecuniarie per scoraggiare l’abuso del processo e tutelare l’efficienza del sistema giudiziario. La sanzione non ha quindi una finalità punitiva, ma serve a responsabilizzare le parti e i loro difensori sull’uso dello strumento processuale.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione è un monito importante. Rivolgersi alla giustizia è un diritto, ma va esercitato con serietà e consapevolezza. Un ricorso presentato con leggerezza o senza solide basi giuridiche non solo non porterà al risultato sperato, ma esporrà il proponente a costi significativi, che vanno ben oltre le semplici spese legali. La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende è uno strumento con cui l’ordinamento si difende da un uso improprio delle risorse giudiziarie, garantendo che l’attenzione dei tribunali supremi sia dedicata a casi meritevoli di approfondimento.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Di norma, la parte che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali sostenute nel giudizio.

È possibile essere condannati a pagare una somma ulteriore oltre alle spese processuali?
Sì. Se la Corte rileva che il ricorso è stato presentato con colpa, può condannare il ricorrente al pagamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro.

Su quale base la Corte ha imposto la sanzione pecuniaria?
La Corte ha imposto la sanzione perché ha riscontrato ‘profili di colpa’ nella presentazione del ricorso. Questa decisione si fonda sul principio, avallato anche dalla Corte Costituzionale, che mira a scoraggiare ricorsi palesemente infondati o presentati senza la dovuta diligenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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