Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze della Condanna alle Spese e alla Sanzione Pecuniaria
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio, una fase delicata che richiede la massima attenzione ai requisiti formali e sostanziali. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci ricorda quali possono essere le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile, quando questo viene proposto senza le dovute cautele. La decisione non solo conferma la sentenza impugnata, ma aggiunge un carico finanziario significativo per il ricorrente, che include le spese processuali e una pesante sanzione pecuniaria.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Suprema Corte di Cassazione avverso una sentenza emessa da un Tribunale. Il ricorrente, nato nel 1988, contestava la decisione di primo grado, cercando di ottenerne l’annullamento. I dettagli specifici del reato non sono oggetto dell’ordinanza, la quale si concentra esclusivamente sugli aspetti procedurali dell’impugnazione.
La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, dopo aver esaminato il ricorso, ha emesso un’ordinanza per dichiararne la palese inammissibilità. Questo significa che i giudici non sono entrati nel merito della questione, ovvero non hanno valutato se le ragioni del ricorrente fossero fondate o meno. La decisione si è fermata a un livello precedente, constatando l’esistenza di un vizio procedurale o di un’assenza dei presupposti richiesti dalla legge per poter esaminare l’impugnazione. Di conseguenza, la sentenza del Tribunale è diventata definitiva.
Le Motivazioni della Decisione
Il punto centrale della pronuncia risiede nelle conseguenze economiche che derivano dalla dichiarazione di inammissibilità. La Corte ha stabilito che, a seguito di un ricorso inammissibile, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
In aggiunta, è stata disposta la condanna al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La motivazione di questa ulteriore sanzione si basa su un principio fondamentale, richiamato attraverso la citazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2000. Secondo tale principio, la sanzione pecuniaria è giustificata quando non emergono elementi per ritenere che il ricorrente abbia proposto l’impugnazione ‘senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’. In altre parole, la sanzione scatta perché si presume che il ricorrente (o il suo difensore) sia stato negligente o abbia agito con leggerezza nel presentare un ricorso privo dei requisiti di legge, intasando inutilmente il lavoro della Suprema Corte. Si tratta di una misura con una chiara finalità sanzionatoria e deterrente, volta a scoraggiare impugnazioni avventate o meramente dilatorie.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un importante monito sulle responsabilità connesse alla presentazione di un’impugnazione. La dichiarazione di inammissibilità di un ricorso non è un evento neutro, ma comporta conseguenze tangibili e onerose. Oltre alla delusione per la mancata revisione del caso, il ricorrente si trova a dover sostenere i costi del procedimento e una sanzione economica rilevante. Questa pronuncia ribadisce che l’accesso alla giustizia, specialmente ai suoi gradi più alti, deve essere esercitato con perizia e consapevolezza, per evitare di trasformare un tentativo di difesa in un ulteriore pregiudizio, sia per il singolo che per l’efficienza del sistema giudiziario nel suo complesso.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base a quanto stabilito nell’ordinanza, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute.
Ci sono altre sanzioni oltre alle spese processuali?
Sì, il provvedimento analizzato dimostra che la Corte può condannare il ricorrente anche al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso specifico è stata quantificata in tremila euro.
Perché viene imposta una sanzione pecuniaria aggiuntiva?
La sanzione pecuniaria viene imposta perché si ritiene che il ricorrente abbia agito con colpa nel determinare la causa di inammissibilità, ovvero abbia presentato un ricorso senza la dovuta diligenza. Questa misura ha lo scopo di scoraggiare la presentazione di ricorsi infondati o temerari, che gravano sul sistema giudiziario.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19190 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19190 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 22/09/1988
avverso la sentenza del 18/12/2024 del TRIBUNALE di BIELLA
I dato avviso alle partiA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cessazione avverso la sentenza di applicazione della pena per il reato di cui all’art. 391-ter, comma terzo, cod.
pen. deducendo la mancanza dì motivazione sulla riduzione della pena per effetto delle circostanze attenuanti generiche in misura inferiore alla massima
estensione;
ritenuto che il ricorso può essere trattato nelle forme «de plano», ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod, proc. pen., trattandosi di impugnazione che
deve essere dichiarata inammissibile in quanto proposta per un motivo non consentito dalla legge (art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen.), atteso che la
questione dedotta, oltre a censurare il trattamento sanzionatorio determinato in misura conforme a quella concordata tra le parti, non incide sulla legalità
della pena;
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delie ammende non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P. Q. M.
DicNara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14 aprile