Ricorso Inammissibile in Cassazione: le Conseguenze Economiche per il Ricorrente
Presentare un’impugnazione in Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio, ma non è un’azione priva di rischi. Un’ordinanza recente chiarisce le conseguenze di un ricorso inammissibile, sottolineando che, oltre al rigetto, il ricorrente può subire una condanna economica significativa. Analizziamo questa decisione per comprendere quando e perché ciò accade.
I Fatti del Caso
Un individuo, a seguito di una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Firenze, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione. La Suprema Corte, riunitasi in udienza, ha esaminato l’atto di impugnazione proposto. Tuttavia, l’analisi si è fermata a uno stadio preliminare, senza entrare nel merito delle questioni sollevate.
La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso proposto totalmente inammissibile. Questa decisione non significa che i motivi del ricorrente fossero errati nel merito, ma che il ricorso stesso mancava dei presupposti richiesti dalla legge per poter essere esaminato. L’inammissibilità è una sorta di “sbarramento” procedurale che impedisce al giudice di valutare la fondatezza delle doglianze.
Le cause di inammissibilità possono essere molteplici: la presentazione fuori termine, la mancanza di motivi specifici, la proposizione di questioni di fatto che non possono essere valutate in sede di legittimità, e altre violazioni procedurali.
Le Conseguenze Economiche di un Ricorso Inammissibile
L’aspetto più rilevante di questa ordinanza risiede nelle conseguenze economiche che derivano dalla declaratoria di inammissibilità. La Corte non si è limitata a respingere il ricorso, ma ha condannato il ricorrente a due pagamenti distinti:
1. Il pagamento delle spese processuali: si tratta dei costi che lo Stato ha sostenuto per la gestione del procedimento.
2. Il versamento di una somma di € 3.000,00 alla Cassa delle ammende: questa non è una spesa di giustizia, ma una vera e propria sanzione pecuniaria.
Questa doppia condanna serve a scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o dilatori, che sovraccaricano il sistema giudiziario senza reali possibilità di successo.
Le Motivazioni
La base giuridica di questa decisione si trova nell’articolo 616 del codice di procedura penale. Tale norma stabilisce che, in caso di inammissibilità del ricorso, la parte privata che lo ha proposto è condannata alle spese e al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende. La Corte ha richiamato anche la sentenza n. 186 del 2000 della Corte Costituzionale, che ha confermato la legittimità di questo meccanismo sanzionatorio. La motivazione fondamentale è che il ricorrente non ha dimostrato di aver agito “senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”. In altre parole, l’errore che ha portato all’inammissibilità era evitabile con la dovuta diligenza, e pertanto la proposizione del ricorso è considerata un’azione colposa che merita una sanzione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio cruciale: l’accesso alla giustizia deve essere esercitato in modo responsabile. Proporre un ricorso per Cassazione è un diritto, ma se l’atto è viziato da cause di inammissibilità evidenti, scattano conseguenze economiche severe. Questa pronuncia serve da monito per i cittadini e i loro difensori: prima di impugnare una sentenza, è indispensabile una valutazione attenta e rigorosa dei presupposti di ammissibilità, per evitare non solo una sconfitta processuale, ma anche una pesante sanzione pecuniaria.
Che cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se un ricorso viene dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Inoltre, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata a 3.000,00 euro.
Perché il ricorrente deve pagare una somma alla Cassa delle ammende oltre alle spese processuali?
Il pagamento di una somma alla Cassa delle ammende è una sanzione pecuniaria prevista per aver intrapreso un’azione giudiziaria senza i presupposti di legge. La Corte ha ritenuto che non vi fossero elementi per considerare il ricorrente esente da colpa nel determinare la causa di inammissibilità, applicando quindi la sanzione.
Qual è il fondamento normativo per questa condanna?
Il fondamento normativo è l’articolo 616 del codice di procedura penale, interpretato anche alla luce della sentenza n. 186 del 2000 della Corte Costituzionale. Questa normativa sanziona l’abuso dello strumento processuale, scoraggiando la presentazione di ricorsi palesemente infondati o privi dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19348 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19348 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 07/10/1973
avverso la sentenza del 18/12/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con sentenza depositata in cancelleria il giorno 15 marzo
2024 la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza del 25 gennaio 2018
con cui il Tribunale di Arezzo in composizione monocratica aveva condannato
NOME COGNOME alla pena di mesi 4 di reclusione ed C 2.000 di multa avendolo ritenuto colpevole del reato ascritto;
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto articolando un unico motivo di impugnazione con cui eccepiva il vizio di
motivazione e l’erronea applicazione della legge con riferimento alla dosimetria della pena inflitta.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il motivo di impugnazione in esso contenuto risulta manifestamente infondato in quanto la Corte territoriale, con valutazione esente da vizi logici o
giuridici, irrogando una pena ampiamente contenuta nell’ambito del medio edittale, ha argomentato il modesto scostamento dal minimo dando rilievo al
tipo di stupefacente rinvenuto in possesso del provenuto, alle modalità di occultamento ed al dato quantitativo non esiguo;
che il ricorso devo perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2025 Il Consigliere es ensore
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