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Ricorso inammissibile: condanna alle spese confermata

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, basandosi sul fatto che la Corte d’Appello aveva utilizzato i medesimi criteri di valutazione delle prove del tribunale di primo grado. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali, di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende e al risarcimento delle spese legali sostenute dalla parte civile, una compagnia assicurativa, per un importo di 3.686 euro.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma e Condanna alle Spese

L’esito di un processo non è sempre definitivo dopo la sentenza di appello. Esiste un ulteriore grado di giudizio, la Corte di Cassazione, che però ha funzioni e limiti ben precisi. Un’ordinanza recente ci offre lo spunto per analizzare cosa accade quando un appello viene giudicato un ricorso inammissibile, quali sono le motivazioni dietro tale decisione e, soprattutto, quali sono le pesanti conseguenze economiche per chi lo propone.

Il caso in esame riguarda un imputato che, dopo una condanna in primo grado confermata in appello, ha tentato l’ultima carta presentando ricorso alla Suprema Corte. L’esito, tuttavia, è stato negativo e si è tradotto in una severa condanna accessoria.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale. L’imputato ha presentato appello, ma la Corte d’Appello territoriale ha confermato la decisione di primo grado. Non arrendendosi, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, contestando la valutazione delle prove che aveva portato alla sua condanna. Nel procedimento si era costituita anche una compagnia di assicurazioni come parte civile, al fine di ottenere il risarcimento dei danni.

La Decisione sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione ha impedito un’ulteriore analisi del merito della vicenda, rendendo la condanna definitiva. Ma la decisione non si è fermata qui. La Corte ha contestualmente condannato il ricorrente a una serie di pagamenti:

1. Pagamento delle spese processuali relative al giudizio di Cassazione.
2. Versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
3. Rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile, liquidate in 3.686,00 euro, oltre agli accessori di legge.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione alla base della declaratoria di inammissibilità è di natura prettamente procedurale e si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. La Corte ha rilevato che la sentenza della Corte d’Appello e quella del Tribunale di primo grado non solo erano giunte alla medesima conclusione, ma lo avevano fatto utilizzando i medesimi criteri nella valutazione delle prove.

Questo fenomeno, noto in gergo giuridico come “doppia conforme”, crea un ostacolo quasi insormontabile per chi intende portare il caso davanti alla Cassazione. La Suprema Corte, infatti, non è un terzo grado di merito; il suo compito non è rivalutare i fatti o le prove (come foto, documenti o testimonianze), ma verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze precedenti. Quando i giudici di primo e secondo grado hanno valutato le prove in modo concorde e con un percorso logico coerente, la Cassazione ritiene preclusa una nuova discussione fattuale, bollando il ricorso come inammissibile. La Corte ha infatti richiamato un suo precedente (sentenza n. 44418 del 2013) per rafforzare questo principio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Le conclusioni che possiamo trarre da questa ordinanza sono chiare e severe. Proporre un ricorso per Cassazione senza validi motivi di diritto, ma sperando semplicemente in una diversa valutazione dei fatti già esaminati concordemente nei gradi precedenti, è una strategia non solo inefficace ma anche molto costosa. L’inammissibilità non solo rende la condanna definitiva ma comporta anche un aggravio di spese significativo. La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende ha una funzione sanzionatoria, volta a disincentivare ricorsi pretestuosi che congestionano il sistema giudiziario. Inoltre, la condanna a rimborsare la parte civile aumenta ulteriormente l’onere finanziario per il ricorrente. Questa decisione ribadisce quindi un monito importante: il ricorso in Cassazione è uno strumento da utilizzare con cautela e solo in presenza di vizi di legittimità concreti e dimostrabili.

Cosa significa che un ricorso è dichiarato inammissibile?
Significa che la Corte non esamina il merito della questione perché il ricorso manca dei requisiti formali o sostanziali previsti dalla legge. In questo caso, il motivo era la concordanza delle valutazioni delle prove tra il primo e il secondo grado di giudizio.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile in Cassazione?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali, al versamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende (qui fissata in 3.000 euro) e alla rifusione delle spese legali sostenute dalle altre parti, come la parte civile (in questo caso per 3.686 euro).

Perché la Corte non ha riesaminato le prove del processo?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza della motivazione, non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove. Se i giudici di primo e secondo grado hanno valutato le prove in modo concorde, la questione di fatto si considera chiusa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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