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Ricorso inammissibile: condanna alle spese

Un soggetto, recentemente estradato in Italia a seguito di una condanna per un grave reato associativo, ha presentato ricorso contro un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni semplici lamentele fattuali prive di una critica giuridica specifica. La Corte ha confermato la decisione del giudice precedente, basata sulla manifesta volontà del soggetto di sottrarsi alla pena e sulla sua scarsa consapevolezza. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda di 3.000 euro.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando le lamentele non bastano

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: per contestare una decisione giudiziaria non sono sufficienti generiche lamentele, ma occorrono critiche giuridiche precise e circostanziate. Il caso in esame ha portato alla dichiarazione di un ricorso inammissibile e alla conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma a favore della Cassa delle ammende.

I fatti del caso

Il procedimento trae origine dal ricorso presentato da un cittadino straniero, condannato per un grave reato associativo e recentemente estradato dall’estero per scontare la pena in Italia. Il ricorrente si era opposto a un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma. Tuttavia, secondo la Suprema Corte, le sue argomentazioni si limitavano a essere “mere doglianze versate in fatto”, ovvero semplici contestazioni dei fatti, senza attaccare in modo specifico e tecnico le fondamenta giuridiche del provvedimento impugnato.

La decisione della Corte e il principio del ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso totalmente inammissibile. Questa decisione si fonda sulla constatazione che il ricorso era privo di una critica specifica contro le argomentazioni, logiche e non contraddittorie, poste a base dell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. In ambito processuale, non è sufficiente dissentire dalla decisione del giudice; è necessario dimostrare, attraverso precisi riferimenti normativi e giurisprudenziali, perché quella decisione sarebbe errata dal punto di vista legale. Un ricorso che si limita a una narrazione alternativa dei fatti, senza mettere in discussione il ragionamento giuridico del giudice a quo, è destinato all’inammissibilità.

Le motivazioni dietro un ricorso inammissibile

Le motivazioni della Suprema Corte sono state chiare e lineari. Il giudice di sorveglianza, nell’esercizio del suo potere discrezionale, aveva correttamente evidenziato elementi cruciali per il rigetto delle istanze del condannato. In particolare, ha sottolineato due aspetti:

1. La recente estradizione: Il fatto che il soggetto fosse stato da poco estradato è stato interpretato come una prova della sua volontà di sottrarsi all’esecuzione della pena in Italia.
2. La scarsa consapevolezza: Nonostante la gravità del reato associativo per cui era stato condannato, il soggetto aveva dimostrato una scarsa consapevolezza della natura e delle conseguenze delle sue azioni.

Questi elementi, valutati dal giudice di merito, costituivano una base motivazionale solida, che il ricorso non è riuscito a scalfire con argomenti giuridicamente pertinenti.

Conclusioni

La decisione in commento è un monito importante: un ricorso per Cassazione deve essere un atto tecnico, non uno sfogo. La condanna al pagamento di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, prevista dall’art. 616 del codice di procedura penale, serve proprio a sanzionare l’uso strumentale o superficiale di questo importante mezzo di impugnazione. L’ordinanza riafferma che il potere discrezionale del giudice di merito, se esercitato in modo logico e coerente, non può essere messo in discussione da contestazioni generiche, soprattutto quando riguardano la valutazione di elementi comportamentali del condannato, come la sua volontà di collaborare con la giustizia e la sua consapevolezza del reato commesso.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era costituito da mere lamentele sui fatti (‘doglianze versate in fatto’) e non presentava una critica giuridica specifica e argomentata contro il ragionamento dell’ordinanza impugnata.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Quali elementi ha considerato il giudice precedente per motivare la sua decisione?
Il giudice ha considerato principalmente due elementi: il fatto che il soggetto fosse stato recentemente estradato, indicando una volontà di non scontare la pena in Italia, e la sua scarsa consapevolezza riguardo alla gravità del reato associativo per cui era stato condannato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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