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Ricorso inammissibile concordato: limiti all’appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da due imputati contro una sentenza di patteggiamento in appello (concordato). Il ricorso si basava su un presunto vizio procedurale, ovvero il cambio del giudice prima della deliberazione. La Suprema Corte ha stabilito che tale motivo non rientra tra quelli, tassativamente previsti, per cui è possibile impugnare una sentenza emessa a seguito di concordato. Di conseguenza, il ricorso inammissibile concordato ha comportato la condanna dei ricorrenti alle spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Concordato: Quando la Cassazione Chiude le Porte

L’istituto del “concordato in appello”, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, permettendo alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, la scelta di questa via processuale comporta significative limitazioni al diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito la rigidità di questi limiti, dichiarando un ricorso inammissibile concordato e delineando con chiarezza i confini entro cui è possibile contestare una simile sentenza. Questo articolo analizza la decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: un Appello Basato su un Vizio Procedurale

Due imputati, dopo aver raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello, ottenevano una sentenza che rideterminava la loro pena. Successivamente, decidevano di impugnare tale sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. La loro doglianza non riguardava l’accordo sulla pena, bensì un aspetto puramente procedurale: lamentavano che il Giudice dell’Udienza Preliminare (G.U.P.) fosse stato sostituito prima della fase deliberativa, sostenendo che tale modifica integrasse una nullità assoluta del procedimento.

La Decisione della Cassazione e il Ricorso Inammissibile Concordato

La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio consolidato: le sentenze emesse ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. sono soggette a un regime di impugnazione speciale e limitato. I ricorrenti sono stati, di conseguenza, condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha articolato il proprio ragionamento su due pilastri fondamentali.

I Limiti Stringenti dell’Impugnazione ex art. 599-bis c.p.p.

Il fulcro della motivazione risiede nella natura stessa del concordato in appello. La legge prevede che si possa ricorrere in Cassazione contro una sentenza di questo tipo solo per motivi specifici. Questi includono vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, il dissenso del pubblico ministero, o una pronuncia del giudice difforme dalla richiesta delle parti. Sono invece esclusi dal novero dei motivi ammissibili le doglianze relative a punti a cui si è rinunciato con l’accordo, la mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) e i vizi nella determinazione della pena, a meno che questa non sia palesemente illegale (ad esempio, perché fuori dai limiti edittali).

La Rinuncia Implicita e l’Infondatezza del Motivo

Secondo la Corte, il motivo sollevato dai ricorrenti – la modifica del giudice – non rientrava in alcuna delle categorie ammesse. Anzi, aderendo al concordato, le parti avevano implicitamente rinunciato a far valere precedenti vizi procedurali. La Cassazione ha inoltre aggiunto, a titolo di completezza, che la doglianza era comunque manifestamente infondata, poiché la semplice sostituzione del G.U.P. prima della fase decisoria non costituisce, di per sé, una causa di nullità assoluta.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame conferma con fermezza il carattere quasi tombale della sentenza emessa a seguito di concordato in appello. La scelta di percorrere questa strada processuale deve essere ponderata attentamente dalla difesa, poiché implica una sostanziale rinuncia alla maggior parte dei motivi di ricorso. La pronuncia serve da monito: non è possibile utilizzare il ricorso per Cassazione come un terzo grado di giudizio per rimettere in discussione aspetti procedurali che si considerano superati con l’accettazione dell’accordo sulla pena. La rigidità del sistema è ulteriormente rafforzata dalla sanzione economica prevista in caso di ricorso inammissibile concordato, che mira a disincentivare impugnazioni meramente dilatorie o pretestuose.

È sempre possibile impugnare una sentenza emessa a seguito di “concordato in appello”?
No, l’impugnazione dinanzi alla Corte di Cassazione è ammessa solo per motivi specifici e limitati, come quelli relativi alla formazione della volontà delle parti, al consenso del pubblico ministero, a un contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo, o all’illegalità della sanzione inflitta. Non è possibile sollevare motivi a cui si è rinunciato con l’accordo.

Per quale motivo il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la doglianza sollevata dai ricorrenti, relativa alla modifica del giudice prima della fase deliberativa, non rientra tra i motivi tassativamente ammessi dalla legge per impugnare una sentenza di concordato in appello. La Corte ha inoltre ravvisato una rinuncia implicita a tale motivo processuale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 610, comma 5 bis, del codice di procedura penale, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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