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Ricorso inammissibile: concordato in appello e limiti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza di patteggiamento in appello. La decisione chiarisce che l’accordo sulla pena (art. 599-bis c.p.p.) implica la rinuncia ad altri motivi di impugnazione, inclusa la richiesta di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. L’impugnazione in Cassazione è quindi limitata a vizi specifici dell’accordo stesso e non può rimettere in discussione il merito della causa.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Cosa Succede Dopo un Concordato in Appello?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1344/2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di impugnazioni penali: la scelta del “concordato in appello” limita drasticamente le possibilità di un successivo ricorso. Quando l’imputato accetta di concordare la pena in secondo grado, rinuncia implicitamente ad altri motivi di gravame, rendendo un eventuale ricorso inammissibile se basato su tali motivi. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Dall’Appello alla Cassazione

Il caso nasce da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione contro una sentenza della Corte di Appello di Roma. In secondo grado, l’imputato aveva raggiunto un accordo con la Procura per la rideterminazione della pena ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, comunemente noto come “concordato in appello” o “patteggiamento in appello”.

Nonostante l’accordo, l’imputato ha successivamente proposto ricorso per cassazione, lamentando che i giudici d’appello non avessero valutato la possibilità di un proscioglimento immediato secondo quanto previsto dall’art. 129 c.p.p., che impone al giudice di dichiarare d’ufficio determinate cause di non punibilità in ogni stato e grado del processo.

La Decisione della Cassazione: Il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto la tesi del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione consolidata degli effetti del concordato in appello. L’istituto, reintrodotto dalla legge n. 103 del 2017 (la c.d. “Riforma Orlando”), permette all’imputato di rinunciare ai motivi di appello in cambio di una pena concordata con il pubblico ministero.

La Corte ha stabilito che questa rinuncia ha un effetto preclusivo. Una volta che l’imputato accetta l’accordo, la cognizione del giudice è limitata ai motivi che non sono stati oggetto di rinuncia. Pertanto, non è più possibile sollevare questioni che si sarebbero dovute far valere con i motivi di appello a cui si è rinunciato, come la richiesta di proscioglimento nel merito.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha spiegato che l’effetto devolutivo dell’impugnazione viene circoscritto dall’accordo. Accettando il concordato, l’imputato sceglie una via che privilegia la certezza di una pena ridotta rispetto alla possibilità di un esito assolutorio. Di conseguenza, il giudice di secondo grado non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p., né sulla sussistenza di aggravanti o sulla presenza di nullità.

La giurisprudenza di legittimità è costante su questo punto: un ricorso in cassazione avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è ammissibile solo per motivi molto specifici, quali:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Problemi relativi al consenso del pubblico ministero.
3. Contenuto della sentenza difforme rispetto ai termini dell’accordo.

Qualsiasi altra doglianza, specialmente se relativa a motivi rinunciati o a vizi nella determinazione della pena (purché questa rimanga legale e nei limiti edittali), viene considerata inammissibile.

Le Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche

Questa ordinanza conferma che la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato e il suo difensore devono ponderare attentamente i benefici di una pena certa e ridotta contro la perdita della possibilità di far valere altri motivi di impugnazione. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 4.000 euro. La decisione serve quindi come monito: il concordato in appello chiude la porta a quasi ogni ulteriore contestazione sul merito della vicenda processuale.

È possibile presentare ricorso in Cassazione per omessa valutazione di una causa di proscioglimento dopo aver concluso un ‘concordato in appello’?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la richiesta di concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.) implica la rinuncia ai motivi di appello. Di conseguenza, il ricorso in Cassazione che lamenta la mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) è inammissibile.

Quali sono gli unici motivi per cui è ammissibile un ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero, o al caso in cui la sentenza del giudice sia difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti. Sono inammissibili le doglianze su motivi rinunciati.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (nel caso specifico, 4.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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