Ricorso in Cassazione Fai-da-Te? Errore Fatale: Il Caso del Ricorso Inammissibile
Nel complesso mondo della procedura penale, le regole formali non sono semplici dettagli, ma pilastri che garantiscono la correttezza del processo. Ignorarle può portare a conseguenze gravi, come la dichiarazione di un ricorso inammissibile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda una regola fondamentale: l’appello alla massima giurisdizione non è un atto che l’imputato può compiere personalmente. Analizziamo il caso e le sue importanti implicazioni.
I Fatti del Caso
Un giovane, condannato in primo grado per truffa aggravata tramite un patteggiamento, decideva di contestare la sentenza. Invece di affidarsi a un legale specializzato, presentava personalmente ricorso alla Corte di Cassazione. Questo atto, apparentemente semplice, si è scontrato con una precisa norma procedurale, portando a una decisione netta da parte della Suprema Corte.
La Decisione della Cassazione: il Principio del Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso presentato dall’imputato irricevibile, definendolo inammissibile. La ragione risiede in una modifica legislativa cruciale introdotta nel 2017, che ha riscritto le regole per l’accesso al giudizio di legittimità.
L’Art. 613 del Codice di Procedura Penale
Il fulcro della decisione è l’articolo 613 del codice di procedura penale. A seguito della riforma attuata con la legge n. 103 del 2017, questa norma stabilisce in modo inequivocabile che gli atti di ricorso in Cassazione devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, esclusivamente da un avvocato iscritto nell’albo speciale dei patrocinanti davanti alle giurisdizioni superiori, il cosiddetto ‘avvocato cassazionista’. La legge non ammette eccezioni per l’imputato, che non ha più la facoltà di firmare personalmente l’atto.
Le Motivazioni della Corte
Nelle motivazioni, i giudici hanno ribadito con fermezza che la norma ha lo scopo di assicurare un filtro tecnico e qualificato per i ricorsi presentati alla Suprema Corte, evitando così un carico di lavoro improprio derivante da impugnazioni infondate o mal formulate. La Corte ha inoltre precisato un punto essenziale: neanche l’autenticazione della firma dell’imputato da parte di un avvocato cassazionista può sanare il vizio. La legge, infatti, richiede che l’avvocato non si limiti a certificare la firma altrui, ma che ‘faccia proprio’ l’atto, assumendosene la piena paternità e responsabilità tecnica attraverso la propria sottoscrizione. La decisione si allinea a un orientamento giurisprudenziale consolidato, che interpreta la norma in modo rigoroso per garantire la professionalità e la serietà del giudizio di cassazione.
Le Conclusioni
Le conseguenze di questo errore procedurale sono state severe per il ricorrente. La dichiarazione di ricorso inammissibile non solo ha precluso ogni possibilità di riesame della sua condanna, ma ha anche comportato la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. Questo caso insegna una lezione fondamentale: nel processo penale, e in particolare davanti alla Corte di Cassazione, l’assistenza di un difensore specializzato non è un’opzione, ma un requisito indispensabile. Il ‘fai-da-te’ legale può trasformarsi in un errore molto costoso, sia in termini di diritti che economici.
Un imputato può presentare personalmente un ricorso in Cassazione?
No. In base all’art. 613 del codice di procedura penale, dopo la riforma del 2017, il ricorso in Cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell’apposito albo dei patrocinanti davanti alle giurisdizioni superiori.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene firmato dall’imputato e la firma è autenticata da un avvocato cassazionista?
Il ricorso è comunque dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione ha chiarito che la legge richiede la sottoscrizione personale dell’avvocato, che si assume la paternità tecnica dell’atto, e non la semplice autenticazione della firma dell’imputato.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata determinata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9640 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 9640 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ACERRA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 06/12/2023 del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Giudice per le indagini preliminari di Torre Annunziata applicava ad NOME COGNOME la pena concordata per il reato di truffa aggravata.
Avverso tale sentenza, in data 11 dicembre 2023 proponeva ricorso per cassazione, personalmente, NOME COGNOME difensore che deduceva:
Il ricorso è inammissibile in quanto proposto da soggetto non legittimato ai sensi dell’art. 613 cod. proc. pen. nella formulazione introdotta con la legge n. 103 del 2017 entrata in vigore il 3 agosto 2017. Si Riafferma peraltro che è inammissibile il ricorso per cassazione sottoscritto personalmente dall’imputato anche se la firma sia stata autenticata da un avvocato cassazionista (Sez. 6, n. 48096 del 10/09/2018, NOME COGNOME, Rv. 274221).
4.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 8 febbraio 2024.