Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità dei Motivi Conduce alla Condanna
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6707 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale del diritto processuale penale: un ricorso, per essere esaminato nel merito, deve essere specifico e non limitarsi a ripetere argomentazioni già valutate. La decisione in esame offre uno spunto cruciale per comprendere le conseguenze di un ricorso inammissibile e l’importanza di fondare le proprie doglianze su elementi concreti emersi nel dibattimento.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila. La difesa del ricorrente aveva basato la propria linea argomentativa sulla presunta ‘minimalità del fatto’, un’ipotesi che, se accolta, avrebbe potuto portare a un esito più favorevole. In particolare, si sosteneva che l’offesa contestata fosse di particolare tenuità, desumibile dalla brevissima durata di un allontanamento. Tuttavia, questa circostanza, cruciale per la tesi difensiva, non era stata provata durante il processo di merito.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione – ovvero, non stabilisce se l’offesa fosse effettivamente tenue o meno – ma si ferma a un livello preliminare, giudicando l’atto di impugnazione non idoneo a provocare una nuova valutazione. La Corte ha ritenuto che il motivo di ricorso fosse viziato da genericità e manifesta infondatezza, configurandosi come una mera riproposizione di argomenti già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La motivazione dell’ordinanza è chiara e diretta. I giudici hanno evidenziato che il ricorso era meramente reiterativo e oppositivo rispetto alla congrua motivazione della sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva fondato la sua decisione su una valutazione complessiva delle modalità del fatto. I giudici di legittimità hanno sottolineato un punto decisivo: la difesa asseriva che la minimalità del fatto fosse desumibile da una circostanza (la brevissima durata dell’allontanamento) che, però, non era ‘emersa in dibattimento’. In altre parole, non vi era alcuna prova agli atti che confermasse tale affermazione. Senza un supporto probatorio, l’argomentazione difensiva perdeva ogni fondamento, rendendo impossibile per i giudici riconoscere la particolare tenuità dell’offesa.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione
Questa ordinanza riafferma con forza un principio cardine: non basta affermare una circostanza a proprio favore, è necessario provarla nel corso del processo. Un ricorso in Cassazione non può trasformarsi in una terza istanza di giudizio sul fatto, ma deve basarsi su vizi di legittimità specifici e documentati. Dichiarare un ricorso inammissibile non è una mera formalità, ma comporta conseguenze economiche significative per il ricorrente, come la condanna alle spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria. La decisione serve quindi da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione solidi, ben argomentati e, soprattutto, ancorati alle evidenze processuali.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione lo ha dichiarato inammissibile perché il motivo presentato era generico, manifestamente infondato e si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre elementi di diritto nuovi e pertinenti.
Qual era l’argomento principale della difesa e perché non è stato accolto?
La difesa sosteneva la ‘minimalità del fatto’, basandosi sulla presunta brevissima durata di un allontanamento. L’argomento non è stato accolto perché questa circostanza non è mai stata provata durante il dibattimento e non esisteva alcuna evidenza processuale a suo supporto.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento di tutte le spese processuali e al versamento di una somma aggiuntiva di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6707 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6707 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TERAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/06/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
ritenuto che il motivo di ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME inammissibile per genericità e manifesta infondatezza, risultando meramente reiterativo e oppositivo a fronte della congrua motivazione resa in sentenza, fondata sulla valutazion complessiva delle modalità del fatto;
rilevato, infatti, i giudici hanno escluso la mimimalità del fatto, asseritamente desumi dalla circostanza addotta dalla difesa dell’imputato, ma non emersa in dibattimento, rilevand che non vi era alcuna evidenza della brevissima durata dell’allontanamento e, quindi, dell particolare tenuità dell’offesa;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 29 gennaio 2024
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