Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Ferma il Tentativo di Riesaminare i Fatti
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema giudiziario: il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove, ma quello di un giudice di legittimità. Quando un ricorso si concentra su una diversa lettura dei fatti, la sua sorte è segnata: viene dichiarato ricorso inammissibile. Questo caso offre uno spunto chiaro per comprendere i limiti dell’impugnazione davanti alla Suprema Corte e le conseguenze di una sua errata impostazione.
I Fatti del Processo e i Motivi del Ricorso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da due imputati contro la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello. Gli imputati lamentavano principalmente vizi di motivazione della sentenza impugnata. Secondo la loro difesa, la decisione di condanna si basava erroneamente sull’attendibilità delle persone offese e su una consulenza tecnica di parte da queste prodotta, senza che il giudice disponesse una perizia d’ufficio per verificare tali conclusioni. Inoltre, sostenevano che la Corte d’Appello avesse omesso di valutare le prove testimoniali a loro favore. La difesa di uno degli imputati aveva anche insistito sulla violazione del diritto di difesa per la mancata ammissione della perizia richiesta.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su una distinzione cruciale nel processo penale: quella tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità.
Le Censure di Fatto e i Limiti del Giudizio di Legittimità
I giudici hanno osservato che, sebbene i ricorsi fossero formalmente presentati come denunce di vizi di motivazione, in realtà miravano a ottenere una diversa e alternativa valutazione del compendio probatorio. In altre parole, gli imputati non stavano evidenziando un errore di diritto o un’illogicità manifesta nel ragionamento della Corte d’Appello, ma stavano proponendo una loro interpretazione dei fatti, chiedendo alla Cassazione di sostituirla a quella dei giudici di merito. Questo tipo di doglianza, definito ‘censura di fatto’, esula completamente dalle competenze della Corte di Cassazione.
La Superfluità della Perizia di fronte a Prove Robuste
La Corte ha inoltre ritenuto le censure generiche, poiché non si confrontavano specificamente con la solida motivazione della sentenza d’appello. Quest’ultima non si basava solo sulle dichiarazioni delle persone offese, ma anche su prove oggettive come le immagini delle videoriprese, che confermavano le condotte illecite. Di fronte a un ‘robusto compendio probatorio’, la Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto superflua la richiesta di una perizia, fornendo una motivazione corretta e conforme alla normativa. La rinuncia alla prescrizione da parte degli imputati durante il giudizio d’appello è stata un ulteriore elemento considerato nel contesto processuale.
Le motivazioni
La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nel riaffermare il ruolo della Corte di Cassazione quale giudice di legittimità e non di merito. La Corte ha spiegato che i ricorsi erano volti a una ‘diversa e alternativa valutazione del compendio probatorio’, un’attività preclusa in sede di legittimità. Le censure sono state qualificate come ‘generiche’ e ‘di fatto’, in quanto non individuavano vizi logici o giuridici nel percorso argomentativo della sentenza impugnata, ma si limitavano a contrapporre la propria lettura delle prove. La Corte ha evidenziato che la decisione della Corte d’Appello era supportata da plurimi elementi di prova, tra cui dichiarazioni e videoriprese, che si riscontravano a vicenda. Questo quadro probatorio, definito ‘robusto’, rendeva la richiesta di perizia superflua, e il rigetto di tale istanza era stato motivato in modo corretto e conforme alla legge.
Le conclusioni
In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia è un monito importante: il ricorso in Cassazione deve essere fondato su precise violazioni di legge o vizi logici della motivazione, non su un semplice disaccordo con la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. Tentare di trasformare la Suprema Corte in un terzo grado di giudizio porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con le relative conseguenze economiche per i ricorrenti.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili?
La Corte ha ritenuto che i ricorsi, pur lamentando formalmente vizi di motivazione, in sostanza chiedevano una nuova e diversa valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione, la quale è un giudice di legittimità e non di merito.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di valutare nuovamente le prove, come le testimonianze?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, ma non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di primo e secondo grado.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la persona che lo ha presentato viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la sanzione è stata fissata in tremila euro per ciascun ricorrente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30891 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30891 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a SANTA NOME CAPUA VETERE il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME SANTA NOME CAPUA VETERE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/09/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME NOME e la memoria redatta dall’AVV_NOTAIO per COGNOME;
considerato che COGNOME e COGNOME con ricorsi separati hanno entrambi dedotto vizi di motivazione in relazione alla affermazione di responsabilità perché basata sulla ritenuta attendibilità delle persone offese e sulla consulenza tecnica di parte prodotta dalle stesse persone offese e utilizzata in sentenza senza procedere a perizia e omettendo di valutare le prove testimoniali a discarico;
che con la memoria trasmessa la difesa di COGNOME ha ribadito la violazione del diritto di difesa per non avere disposto la perizia invocata ex art. 603 cod.proc.pen. ;
ritenuto che i ricorsi deducono formalmente vizi della motivazione ma in sostanza invocano una diversa e alternativa valutazione del compendio probatorio, introducendo censure di fatto e confrontandosi direttamente con il materiale probatorio ;
che le censure inoltre sono generiche poiché non si confrontano in modo specifico con la motivazione della sentenza che ha valorizzato anche le dichiarazioni delle persone offese e le immagini delle videoriprese da cui si evincono le condotte illecite, a riscontro della prospettazione accusatoria ;
che alla stregua del robusto compendio probatorio assunto la Corte ha respinto l’istanza di disporre perizia ritenendola superflua, con motivazione corretta e conforme al dettato normativo;
che entrambi gli imputati nel corso del giudizio di appello all’udienza del 19 settembre 2023 hanno personalmente dichiarato di rinunziare alla prescrizione;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 21 giugno 2024
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