Ricorso Inammissibile in Cassazione: Analisi di un’Ordinanza
L’esito di un procedimento giudiziario può dipendere non solo dal merito delle questioni, ma anche dal rigoroso rispetto delle regole procedurali. Un esempio emblematico è la dichiarazione di ricorso inammissibile, una decisione che impedisce alla Corte di Cassazione di esaminare il caso nel dettaglio, con conseguenze economiche significative per chi ha proposto l’impugnazione. Analizziamo una recente ordinanza della Settima Sezione Penale per comprendere meglio questo istituto.
I Fatti del Caso Giudiziario
La vicenda processuale ha origine da un ricorso presentato alla Suprema Corte di Cassazione da un soggetto avverso una sentenza emessa dal Tribunale di Vallo della Lucania in data 28 giugno 2024. L’obiettivo del ricorrente era ottenere una revisione della decisione del giudice di primo grado. Il caso è stato quindi assegnato alla Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione per la valutazione preliminare sulla sua ammissibilità.
La Decisione della Corte sul Ricorso Inammissibile
Con ordinanza del 26 marzo 2025, la Corte di Cassazione ha posto fine al percorso dell’impugnazione. I giudici supremi, dopo aver ascoltato la relazione del Consigliere e dato avviso alle parti, hanno deliberato senza mezzi termini: il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Questa decisione ha comportato due conseguenze dirette per il ricorrente:
1. La condanna al pagamento di tutte le spese processuali sostenute.
2. La condanna al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
L’ordinanza in esame è molto sintetica e non entra nel dettaglio delle specifiche ragioni che hanno reso il ricorso inammissibile. Tuttavia, il dispositivo è chiaro nell’affermare che, una volta rilevata l’inammissibilità, la legge impone precise conseguenze. La motivazione, quindi, risiede nel semplice riscontro da parte della Corte della mancanza dei presupposti necessari affinché il ricorso potesse essere esaminato nel merito.
Generalmente, un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile per varie ragioni, come la presentazione fuori termine, la mancanza di motivi specifici previsti dalla legge (ad esempio, violazione di legge o vizio di motivazione), o la proposizione di questioni che implicherebbero una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria non è una punizione discrezionale, ma una conseguenza automatica prevista dal codice di procedura penale per scoraggiare impugnazioni dilatorie o palesemente infondate.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La decisione analizzata ribadisce un principio fondamentale: l’accesso alla giustizia, specialmente ai suoi gradi più alti, è subordinato al rispetto di requisiti formali e sostanziali inderogabili. La dichiarazione di ricorso inammissibile non è un mero tecnicismo, ma una barriera a tutela dell’efficienza del sistema giudiziario, volta a filtrare le impugnazioni che non hanno probabilità di successo.
Per il cittadino, ciò significa che affidarsi a un professionista competente per la redazione di un ricorso è cruciale. Un atto mal formulato o proposto senza una solida base giuridica non solo non porterà al risultato sperato, ma comporterà anche un ulteriore e significativo esborso economico, come dimostra la condanna al pagamento delle spese e della sanzione a favore della Cassa delle ammende.
Cosa succede quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile?
In base a questa ordinanza, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
A quanto ammontava la sanzione pecuniaria in questo caso?
Il ricorrente è stato condannato a versare la somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, oltre al pagamento delle spese processuali.
Quale organo ha emesso questa decisione?
La decisione è stata emessa dalla Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, a seguito dell’udienza del 26 marzo 2025.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13983 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13983 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a BARI il 20/06/1979
avverso la sentenza del 28/06/2024 del TRIBUNALE di VALLO DELLA LUCANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui il
Tribunale di Vallo della Lucania ne ha confermato la condanna per il reato di cui all’art. 612 cod. pen.;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, che deduce la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 – bis cod. pen., è
manifestamente infondato in quanto l’art. 131-bis cod. pen. non è applicabile nei procedimenti relativi a reati di competenza del giudice di pace (Sez. U, n. 53683
del 22/06/2017, Rv. 271587 – 01);
Considerato che il secondo motivo di ricorso, che deduce l’inosservanza dell’art. 612 cod. pen. per insussistenza degli elementi costitutivi del reato, è
inammissibile sotto due concorrenti profili: al di là della enunciazione, si sostanzia nella deduzione di un vizio motivazionale non consentito nel caso di reati di
competenza del giudice di pace; è riproduttivo di profili di censura già
adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni a base della
sentenza impugnata (cfr. pag. 2);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/03/2025