Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze Economiche della Decisione della Cassazione
Presentare un’impugnazione in sede di legittimità è un diritto, ma quando il gravame manca dei requisiti essenziali, le conseguenze possono essere significative. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le implicazioni economiche di un ricorso inammissibile, confermando la condanna del proponente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio la portata dell’articolo 616 del codice di procedura penale.
I Fatti del Caso: L’Appello contro la Decisione del Tribunale di Sorveglianza
La vicenda trae origine da un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Genova. Un soggetto, ritenendo lesi i propri diritti da tale provvedimento, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, affidando alla Suprema Corte il compito di riesaminare la legittimità della decisione.
Il ricorso è stato quindi sottoposto al vaglio della Settima Sezione Penale della Corte, l’organo preposto a una prima valutazione sulla sussistenza dei presupposti per la trattazione del caso.
La Decisione della Corte e la Sanzione per il ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione, esaminati gli atti, ha emesso un’ordinanza con cui ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa declaratoria non entra nel merito delle ragioni esposte dal ricorrente, ma si ferma a un livello precedente, accertando che l’impugnazione non possedeva i requisiti formali o sostanziali richiesti dalla legge per poter essere esaminata.
La conseguenza diretta di questa decisione è stata l’applicazione rigorosa dell’articolo 616 del codice di procedura penale. La Corte ha quindi condannato il ricorrente a due distinte sanzioni economiche: il pagamento delle spese processuali sostenute dallo Stato e il versamento di una somma pari a 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Sentenza
Sebbene l’ordinanza non espliciti i motivi specifici dell’inammissibilità (ad esempio, la manifesta infondatezza o la carenza di motivi specifici), la motivazione della condanna economica risiede interamente nella legge. L’articolo 616 c.p.p. stabilisce infatti che, in caso di inammissibilità del ricorso, la parte privata che lo ha proposto è condannata per legge al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la stessa norma prevede l’obbligo di versare una somma alla Cassa delle ammende, il cui importo viene determinato in via equitativa dalla Corte, tenendo conto delle ragioni dell’inammissibilità.
La decisione, pertanto, non è discrezionale ma costituisce un’applicazione automatica della normativa processuale, volta a sanzionare l’abuso dello strumento processuale e a scoraggiare la presentazione di impugnazioni palesemente infondate o dilatorie.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: l’accesso alla giustizia deve essere esercitato con responsabilità. La presentazione di un ricorso inammissibile non è un’azione priva di conseguenze. Al contrario, comporta un onere economico certo e talvolta gravoso per il proponente. La condanna al pagamento di una somma a favore della Cassa delle ammende, oltre alle spese processuali, serve come deterrente per evitare di congestionare il sistema giudiziario, in particolare la Corte di Cassazione, con ricorsi che non hanno alcuna probabilità di essere accolti. Per i cittadini e i loro difensori, questa decisione sottolinea l’importanza di una valutazione attenta e ponderata prima di intraprendere la via dell’impugnazione di legittimità.
Cosa accade quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso penale inammissibile?
Secondo quanto stabilito in questa ordinanza, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali.
È prevista una sanzione economica aggiuntiva in caso di inammissibilità?
Sì, oltre alle spese processuali, la Corte condanna il ricorrente al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, l’importo è stato fissato in 3.000 euro, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale.
Contro quale tipo di provvedimento era stato presentato il ricorso in questo caso?
Il ricorso era stato proposto avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Genova.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 16800 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16800 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 28/06/1992
avverso l’ordinanza del 27/11/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 27 novembre 2024, con cui il Tribunale di sorveglianza di Genova ha rigettato l’opposizione avverso il
provvedimento di espulsione avanzata da NOME COGNOME;
Ritenuto che la censura formulata dal ricorrente ripropone argomenti già
specificamente valutati nel provvedimento impugnato;
che il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che non è stato dimostrato il grave pregiudizio che il condannato patirebbe in caso di rimpatrio e che la
pendenza dei procedimenti penali a suo carico (nel ricorso precisati dalla difesa ma mai dimostrati) non osta alla sanzione alternativa dell’espulsione, visto che
l’art. 17 d.lgs.n. 286/98 consente il rientro in Italia per esercitare il diritt difesa;
e- che meramente assertiva e genericaVla contestazione circa l’insussistenza
della pericolosità del condannato;
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 3.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 6 marzo 2025