Ricorso Inammissibile in Cassazione: Analisi di una Recente Ordinanza
Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, l’esito non è sempre una decisione sul merito della questione. A volte, il percorso si interrompe prima, con una dichiarazione di ricorso inammissibile. Questa decisione, sebbene di natura procedurale, ha conseguenze concrete e significative per il ricorrente. Un’ordinanza emessa dalla settima sezione penale della Suprema Corte ci offre lo spunto per analizzare cosa significhi e cosa comporti.
Il Contesto del Caso Giudiziario
Il caso in esame ha origine da un ricorso presentato da un cittadino avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino del 30 novembre 2023. L’individuo, cercando di ottenere una revisione della decisione di secondo grado, ha portato la questione davanti alla massima istanza della giurisdizione italiana, la Corte di Cassazione. Tuttavia, l’esame della Corte si è fermato a uno stadio preliminare.
La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, riunitasi in udienza il 26 marzo 2025, ha emesso un’ordinanza con cui ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa pronuncia significa che i giudici non sono entrati nel vivo della controversia per valutarne la fondatezza. Hanno invece riscontrato la mancanza di presupposti procedurali o di requisiti di legge che sono indispensabili per poter esaminare un ricorso.
La dichiarazione di inammissibilità pone fine al procedimento e rende definitiva la sentenza impugnata. Ma le conseguenze per il ricorrente non si fermano qui.
Le motivazioni
L’ordinanza in esame è molto sintetica e non esplicita i motivi specifici dell’inammissibilità. Tuttavia, in linea generale, un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile per diverse ragioni. Tra le più comuni vi sono la presentazione fuori dai termini previsti dalla legge, la mancanza di motivi specifici di impugnazione (ovvero quando il ricorso è generico e non individua chiaramente le violazioni di legge), oppure la proposizione di questioni di fatto che non possono essere riesaminate in sede di legittimità. La Corte di Cassazione, infatti, giudica solo sulla corretta applicazione del diritto (quaestio iuris), non sui fatti della causa (quaestio facti), già accertati nei gradi di merito. La decisione di inammissibilità serve quindi a filtrare i ricorsi, garantendo che solo quelli conformi alla legge vengano esaminati nel merito.
Le conclusioni
La conseguenza più diretta della dichiarazione di ricorso inammissibile è di natura economica. La Corte ha condannato il ricorrente a due pagamenti: il primo riguarda le spese processuali sostenute, una conseguenza tipica per la parte soccombente. Il secondo, più peculiare, è il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria non ha natura risarcitoria, ma punitiva e dissuasiva. Il suo scopo è scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o dilatori, che sovraccaricano il sistema giudiziario senza reali possibilità di accoglimento. La decisione, pertanto, non solo chiude la vicenda giudiziaria per il ricorrente, ma funge anche da monito sull’importanza di adire la Suprema Corte solo in presenza di validi e specifici motivi di diritto.
Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato ‘inammissibile’ dalla Corte di Cassazione?
Significa che la Corte non ha esaminato il merito della questione perché il ricorso non rispettava i requisiti formali o sostanziali previsti dalla legge per essere giudicato. La sentenza impugnata diventa così definitiva.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base al provvedimento, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria, in questo caso di 3.000 euro, a favore della Cassa delle ammende.
Qual è lo scopo della sanzione versata alla Cassa delle ammende?
Ha una funzione sanzionatoria e dissuasiva. Serve a scoraggiare la presentazione di impugnazioni avventate o prive dei presupposti di legge, per evitare di appesantire inutilmente il lavoro della Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13961 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13961 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 17/05/1997
avverso la sentenza del 30/11/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la
Corte di appello di Torino ne ha confermato la condanna per i reati di cui agli artt.
110 e 624 bis cod. pen.;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che deduce vizio di motivazione in relazione alla sussistenza della responsabilità penale dell’imputato, non è
consentito dalla legge in sede di legittimità, perché costituito da mere doglianze in punto di fatto e inoltre volto a prefigurare una inammissibile rivalutazione e/o
alternativa lettura delle fonti probatorie a fronte di un quadro chiaro e coerente delineato dalla doppia conforme di condanna;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/03/2025