Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta e Impone una Sanzione
Presentare un’impugnazione di fronte alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento. Tuttavia, non tutti i ricorsi vengono esaminati nel merito. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre lo spunto per analizzare il caso di un ricorso inammissibile e le sue pesanti conseguenze economiche per chi lo propone.
Il Contesto del Caso: Un Appello alla Suprema Corte
La vicenda trae origine da una decisione della Corte d’Appello di Torino. Un imputato, ritenendo la sentenza a lui sfavorevole, ha deciso di giocare la sua ultima carta, presentando ricorso alla Corte di Cassazione. L’obiettivo era, presumibilmente, ottenere l’annullamento o la riforma della pronuncia di secondo grado.
L’atto è stato quindi sottoposto al vaglio della Settima Sezione Penale della Suprema Corte, che ha il compito di verificare, prima di ogni altra cosa, se il ricorso possiede tutti i requisiti formali e sostanziali richiesti dalla legge per poter essere discusso.
La Decisione della Cassazione: Analisi del Ricorso Inammissibile
Con una sintetica ma perentoria ordinanza, la Corte di Cassazione ha messo fine al percorso giudiziario del ricorrente. L’esito è stato netto: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questo significa che i giudici non sono nemmeno entrati nel merito delle questioni sollevate, fermandosi a una valutazione preliminare che ha evidenziato vizi insanabili nell’atto di impugnazione.
La dichiarazione di inammissibilità comporta due importanti conseguenze automatiche:
1. La sentenza impugnata diventa definitiva e non più contestabile.
2. Il ricorrente viene condannato a sostenere i costi del procedimento da lui attivato.
Le Motivazioni della Decisione
L’ordinanza in esame non entra nel dettaglio delle ragioni specifiche che hanno portato alla declaratoria di inammissibilità, come spesso accade in questo tipo di provvedimenti. Tuttavia, possiamo delineare le cause più comuni che portano a un simile esito. Un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile per diverse ragioni, tra cui:
* Vizi di forma: Mancanza di elementi essenziali nell’atto, come la chiara esposizione dei motivi o la firma del difensore abilitato.
* Mancanza di motivi consentiti: Il ricorso in Cassazione può essere proposto solo per violazione di legge e non per riesaminare i fatti del processo. Se i motivi proposti tendono a una nuova valutazione delle prove, il ricorso è inammissibile.
* Proposizione fuori termine: Il ricorso deve essere presentato entro termini perentori stabiliti dalla legge.
* Manifesta infondatezza: Quando le argomentazioni sono palesemente prive di pregio giuridico, al punto da non meritare un esame approfondito.
In questo caso, la Corte ha evidentemente riscontrato una di queste criticità, sufficiente a bloccare l’iter del ricorso sul nascere.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche e Sanzioni
La conclusione del procedimento è stata duplice e severa per il ricorrente. Oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali, la Corte ha inflitto una sanzione pecuniaria di 3.000 euro da versare in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione ha una finalità dissuasiva: scoraggiare la presentazione di impugnazioni avventate o dilatorie, che appesantiscono inutilmente il lavoro della Suprema Corte. La decisione, quindi, non solo conferma la pronuncia della Corte d’Appello, ma funge anche da monito sull’importanza di redigere ricorsi tecnicamente impeccabili e fondati su solide argomentazioni giuridiche, pena conseguenze economiche significative.
Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato ‘inammissibile’ dalla Corte di Cassazione?
Significa che i giudici non hanno esaminato il merito della questione perché il ricorso non rispettava i requisiti formali o sostanziali previsti dalla legge. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva.
Quali sono state le conseguenze economiche per la persona che ha presentato il ricorso?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Contro quale provvedimento era stato proposto il ricorso?
Il ricorso era stato presentato avverso una sentenza emessa in data 26 novembre 2024 dalla Corte d’Appello di Torino.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18934 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18934 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 27/08/1981
avverso la sentenza del 26/11/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
il ricorso di NOME COGNOME
Letto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce l’erronea
considerato applicazione della legge penale e il difetto di motivazione in ordine al mancato
riconoscimento della fattispecie attenuata di cui all’art. 648, comma quarto, cod.
pen., non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di
merito a pag. 3 della sentenza impugnata, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione
di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente esplicitato, con
corretti argomenti logici e giuridici, le ragioni del loro convincimento facendo riferimento al valore del bene ricettato e ai plurimi precedenti penali dell’odierno
ricorrente;
pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la rilevato,
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso, il 10 aprile 2025.