Ricorso Inammissibile in Cassazione: Conseguenze e Sanzioni
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, un’opportunità cruciale per contestare la violazione di norme di diritto. Tuttavia, l’accesso a questa giurisdizione è tutt’altro che automatico. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre lo spunto per analizzare le conseguenze di un ricorso inammissibile, una decisione che non solo chiude la porta a un ulteriore esame del caso, ma comporta anche significative sanzioni economiche per chi lo ha proposto.
Il Fatto Processuale
Il caso in esame nasce dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli del 2 ottobre 2024. Il ricorrente ha cercato di ottenere una revisione della decisione di secondo grado rivolgendosi alla Corte di Cassazione. La Settima Sezione Penale, dopo aver esaminato l’atto, ha emesso un’ordinanza con una decisione netta e definitiva.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
Con un provvedimento sintetico ma incisivo, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa declaratoria impedisce ai giudici di entrare nel merito della questione, ovvero di valutare se la Corte d’Appello abbia giudicato correttamente o meno i fatti. La decisione si ferma a un livello preliminare, una sorta di filtro di legalità che il ricorso non ha superato. La conseguenza diretta, come stabilito nel dispositivo (P.Q.M.), è duplice: la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e l’ulteriore condanna al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
L’ordinanza in commento non esplicita i motivi specifici dell’inammissibilità, come spesso accade in provvedimenti di questa natura. Tuttavia, possiamo delineare le ragioni generali per cui un ricorso in Cassazione viene dichiarato tale. L’inammissibilità può derivare da vizi di forma (es. tardività nella presentazione) o di sostanza. Tra questi ultimi, i più comuni sono:
* Mancanza dei motivi specifici: il ricorso non indica chiaramente quali norme di legge sarebbero state violate e perché.
* Proposizione di questioni di merito: il ricorrente chiede alla Cassazione di rivalutare i fatti o le prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. La Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito.
* Motivi manifestamente infondati: le argomentazioni presentate sono palesemente prive di fondamento giuridico.
La decisione di inammissibilità, quindi, sanziona un uso non corretto dello strumento processuale del ricorso, che deve essere utilizzato solo per far valere precise violazioni di legge e non come un terzo tentativo di ottenere un giudizio sui fatti.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
La conclusione che emerge da questa ordinanza è chiara: l’accesso alla Corte di Cassazione è un percorso rigoroso. La declaratoria di ricorso inammissibile non è un semplice rigetto, ma una sanzione processuale che comporta conseguenze economiche rilevanti. La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende ha una funzione dissuasiva, volta a scoraggiare ricorsi avventati o puramente dilatori che appesantiscono il sistema giudiziario. Per il cittadino, ciò si traduce nella necessità di affidarsi a un legale esperto che possa valutare con attenzione la reale sussistenza dei presupposti per un ricorso in Cassazione, evitando così non solo una sconfitta processuale, ma anche un significativo esborso economico.
Cosa accade quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
La Corte di Cassazione ha analizzato i fatti che hanno portato alla condanna in appello?
No, l’ordinanza dichiara il ricorso inammissibile. Questo significa che la Corte non è entrata nel merito della sentenza della Corte d’Appello, ma si è fermata a una valutazione preliminare sulla conformità del ricorso ai requisiti di legge.
Qual era l’oggetto del ricorso?
Il ricorso era stato proposto contro una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Napoli in data 2 ottobre 2024. I dettagli specifici del merito non sono menzionati, poiché la decisione si è fermata alla declaratoria di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21165 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21165 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 24/05/1979
avverso la sentenza del 02/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
il ricorso di COGNOME NOME;
Letto ritenuto
che l’unico motivo di impugnazione, con cui si lamenta l’assenza di motivazione in ordine alla mancata applicazione della circostanza attenuante della
lieve entità introdotta con la sentenza additiva della Corte costituzione n. 86 del
2024 in ordine al reato di cui all’art. 628 cod. pen., è manifestamente infondato in quanto, con apparato giustificativo congruo e puntualmente aderente ai
parametri valutativi espressamente indicati nella pronuncia del Giudice delle leggi, la Corte di appello (pag. 5 della sentenza impugnata) ha escluso l’invocata
diminuente, con considerazioni in fatto non sindacabili in questa sede, compiendo una valutazione complessiva della azione predatoria che ha ritenuto grave in
ragione della minaccia, perpetrata più volte dall’imputato nei confronti della persona offesa e consistita nel prospettarle di utilizzare la pistola che affermava di
avere con sé;
pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la ritenuto
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, 15 aprile 2025~
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