Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sancisce i Limiti dell’Impugnazione post-Patteggiamento
L’ordinanza n. 36492/2025 della Corte di Cassazione, Sezione Penale, offre un importante chiarimento sui limiti dell’impugnazione a seguito di un patteggiamento. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile presentato da due imputati, confermando un principio fondamentale della procedura penale: l’accordo sulla pena implica una rinuncia a far valere determinate censure. Questa decisione sottolinea le conseguenze legali ed economiche per chi tenta di impugnare una sentenza di patteggiamento per motivi non consentiti.
I Fatti del Caso: Un Appello Oltre i Limiti Consentiti
Due soggetti avevano presentato ricorso in Cassazione avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Palermo. La sentenza impugnata era il risultato di un cosiddetto ‘rito concordato sulla pena’, comunemente noto come patteggiamento in appello. In tale sede, era stata concordata l’applicazione delle attenuanti generiche in misura equivalente alle aggravanti contestate, con una conseguente rideterminazione della pena. Tuttavia, i ricorrenti hanno successivamente tentato di sollevare questioni ulteriori davanti alla Suprema Corte, motivi che, come vedremo, si sono rivelati incompatibili con la natura stessa dell’accordo raggiunto.
Ricorso Inammissibile: L’Analisi della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso e li ha rapidamente liquidati, ritenendoli non ammissibili. La decisione si fonda su un pilastro del nostro sistema processuale: la scelta di accedere a un rito premiale come il patteggiamento comporta l’accettazione della pena concordata e la rinuncia a sollevare determinate eccezioni.
Il Principio del “Rito Concordato” e le Sue Conseguenze
Il rito concordato sulla pena, o patteggiamento, è un accordo tra l’imputato e l’accusa che, se ratificato dal giudice, definisce il processo con l’applicazione di una pena ridotta. Scegliendo questa via, l’imputato rinuncia implicitamente a contestare nel merito la propria colpevolezza e a far valere vizi che non attengono alla formazione della sua volontà o al corretto calcolo della pena. Presentare un ricorso per motivi diversi da quelli strettamente consentiti rende l’impugnazione, per l’appunto, un ricorso inammissibile.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha ritenuto che i ricorsi fossero stati proposti per ‘ragioni non consentite dal rito concordato sulla pena’. L’accordo tra le parti, che includeva il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti, rappresentava la base della sentenza di secondo grado. Di conseguenza, i ricorrenti avevano implicitamente rinunciato a sollevare altri motivi di doglianza. La Suprema Corte, pertanto, non ha potuto fare altro che rilevare l’inammissibilità dei ricorsi, senza entrare nel merito delle questioni sollevate.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Pronuncia
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato due importanti conseguenze per i ricorrenti. In primo luogo, sono stati condannati al pagamento delle spese processuali, ovvero i costi sostenuti dallo Stato per la gestione del procedimento. In secondo luogo, e come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso infondato, sono stati condannati a versare una somma di tremila euro ciascuno alla Cassa delle ammende, un ente destinato al finanziamento di programmi di recupero per i detenuti. Questa pronuncia ribadisce che la scelta del patteggiamento deve essere consapevole, poiché limita drasticamente le successive possibilità di impugnazione e un suo utilizzo improprio può avere significative ripercussioni economiche.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato proposto per motivi non consentiti dal rito concordato sulla pena (patteggiamento), al quale i ricorrenti avevano aderito in appello. L’accordo sulla pena implica la rinuncia a far valere altre censure.
Quali sono state le conseguenze economiche per i ricorrenti?
I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende come sanzione per aver proposto un ricorso inammissibile.
Cosa implica aderire a un ‘rito concordato sulla pena’ per le future impugnazioni?
Aderire a un rito concordato sulla pena limita fortemente le possibilità di impugnazione. L’imputato, accettando l’accordo, rinuncia a contestare la propria responsabilità e può impugnare la sentenza solo per vizi specifici, come errori nel calcolo della pena o vizi nella formazione del consenso, ma non per motivi che mettono in discussione l’accordo stesso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36492 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36492 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/03/2025 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che i ricorsi sono proposti per ragioni non consentite dal rito concordato sulla pena – previa applicazione delle attenuanti generiche equivalenti sulle contestate e ritenute aggravanti – con rinuncia agli altri motivi;
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 24.10.2025