Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24271 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24271 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il 21/01/1973
avverso la sentenza del 05/03/2025 del TRIBUNALE di TARANTO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza del 5 marzo 2025, con cui il Tribunale di Taranto applicava a NOME COGNOME
ex art.
444 cod. proc. pen., la
pena di tre anni, otto mesi, venti giorni di reclusione e 2.200,00 euro di multa, per i reati di cui ai capi A e B, commessi a Taranto il 3 dicembre 2024.
Ritenuto che, nelle ipotesi di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice ha il dovere di controllare l’esattezza dell’inquadramento giuridico della
vicenda processuale e la congruità della pena richiesta, che applicarla, dopo avere accertato che non emerga in modo evidente una delle cause di non
punibilità previste dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ritenuto che, tenuto conto di questi parametri, le doglianze proposte appaiono prive di specificità e manifestamente infondate, in ragione del fatto che
il Tribunale di Taranto, oltre a qualificare correttamente i fatti di reato contestati a NOME COGNOME ai capi A e B, si soffermava in termini congrui sull’univocità del
compendio probatorio che era stato acquisito nei suoi confronti, richiamando l’arresto in flagranza di reato del ricorrente, eseguito dalla Squadra Mobile della Questura di Taranto il 3 dicembre 2024.
Ritenuto, pertanto, che il percorso argomentativo seguito dal Tribunale di Taranto, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art. 444 cod. proc. pen., risulta pienamente adeguato ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (tra le altre, Sez. U, n. 3 del 25/11/1998, Messina, Rv. 212438 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinata in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5 giugno 2025.