Ricorso inammissibile: quando la Cassazione non entra nel merito
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, chiarendo perché un appello possa essere dichiarato un ricorso inammissibile. Comprendere la distinzione tra un giudizio ‘di merito’ e uno ‘di legittimità’ è fondamentale per chiunque si avvicini al mondo del diritto processuale penale. Questo provvedimento ci aiuta a capire quali sono i confini invalicabili per chi intende portare il proprio caso davanti alla Suprema Corte.
I fatti del caso
Il caso trae origine da una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Firenze. Un imputato, ritenendosi ingiustamente condannato, decideva di impugnare tale decisione presentando ricorso alla Corte di Cassazione. L’obiettivo del ricorrente era ottenere un annullamento della sentenza di secondo grado, contestando le conclusioni a cui erano giunti i giudici d’appello.
La decisione della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha messo un punto fermo alla vicenda, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non significa che la Corte abbia dato ragione o torto nel merito al ricorrente, ma che ha ritenuto le sue lamentele non idonee a essere esaminate in quella sede. La Suprema Corte, infatti, non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono ripresentare le stesse argomentazioni fattuali, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione della legge.
Le motivazioni
La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali.
In primo luogo, ha qualificato i motivi del ricorso come ‘doglianze di merito’. Il ricorrente, cioè, non contestava una violazione della legge da parte dei giudici di appello, ma tentava di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, come la deposizione di un testimone e l’oggetto stesso della contestazione. Questo tipo di attività, che implica un’analisi dei fatti, è di esclusiva competenza dei giudici di primo e secondo grado e non rientra nei poteri della Cassazione, la quale si occupa solo dei ‘vizi di legittimità’.
In secondo luogo, i giudici hanno osservato che i profili di censura sollevati erano in gran parte riproduttivi di questioni già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello con ‘corretti argomenti giuridici’. Riproporre le stesse identiche critiche senza evidenziare un vero e proprio errore di diritto rende il ricorso superfluo e, quindi, inammissibile.
Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione prevista per chi intasa il sistema giudiziario con ricorsi palesemente infondati.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non è una terza occasione per discutere i fatti. Per avere successo davanti alla Suprema Corte, è indispensabile formulare censure precise, che attengano a specifiche violazioni di legge o a vizi logici della motivazione, senza mai sconfinare in una richiesta di rivalutazione delle prove. La dichiarazione di ricorso inammissibile non solo chiude definitivamente la porta a ulteriori riesami del caso, ma comporta anche significative conseguenze economiche per il ricorrente, a monito dell’importanza di un uso corretto e consapevole degli strumenti di impugnazione.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano ‘doglianze di merito’, ovvero contestazioni relative alla valutazione delle prove e dei fatti, che non rientrano nella competenza della Corte di Cassazione. Inoltre, le censure erano una riproposizione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello.
Cosa si intende per ‘doglianze di merito’ in questo contesto?
Per ‘doglianze di merito’ si intendono le lamentele che non riguardano un errore nell’applicazione della legge, ma un presunto errore nella valutazione dei fatti del caso (ad esempio, l’interpretazione della deposizione di un testimone). La Corte di Cassazione giudica solo la legittimità (corretta applicazione del diritto), non il merito.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22768 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22768 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a LUCCA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/07/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da doglianze di merito (con incursioni nella valutazione delle prove, al di fuori pertanto dei precisi e limitati confini dei vizi legittimità) e comunque riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (cfr quanto all’atto del p.u., pag. 5 della sentenza impugnata, parr. 6.1. e 7 anche con riferimento alla deposizione del COGNOME e all’oggetto della contestazione);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/05/2024.