Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando le Questioni di Fatto Bloccano l’Appello
La Corte di Cassazione svolge un ruolo cruciale nel nostro ordinamento: non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un organo di legittimità che assicura la corretta applicazione della legge. Una recente ordinanza chiarisce perfettamente questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile perché tentava di ottenere un nuovo esame delle prove. Analizziamo insieme questa decisione per capire i limiti del ricorso in Cassazione.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine da una condanna per rapina emessa nei confronti di un individuo. La sua responsabilità era stata accertata nei primi due gradi di giudizio sulla base di una serie di elementi probatori, tra cui le immagini di un sistema di videosorveglianza, l’analisi dei tabulati telefonici e la ricorrenza di un particolare modus operandi.
Nonostante la conferma della condanna da parte della Corte d’Appello di Venezia, l’imputato ha deciso di presentare un ultimo appello alla Corte di Cassazione, contestando la correttezza della motivazione che lo aveva ritenuto colpevole.
Il Ricorso Inammissibile e la Decisione della Cassazione
Il ricorso presentato alla Suprema Corte si fondava su un unico motivo: una critica alla valutazione delle prove effettuata dai giudici di merito. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha immediatamente rilevato una criticità fondamentale. Le argomentazioni dell’appellante non erano altro che una pedissequa reiterazione di censure già sollevate e puntualmente respinte in appello.
In sostanza, il ricorrente non contestava un errore di diritto (cioè una sbagliata applicazione della legge), ma chiedeva ai giudici di legittimità di riesaminare e reinterpretare il materiale probatorio. Questa richiesta si scontra con la natura stessa del giudizio in Cassazione.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha motivato la sua decisione di dichiarare il ricorso inammissibile in modo chiaro e netto. Ha sottolineato che le censure proposte erano ‘aspecifiche e schiettamente fattuali’. Presentare un ricorso in Cassazione sollecitando ‘una rilettura del materiale istruttorio’ è un’attività ‘preclusa in questa sede di legittimità’. Il compito della Suprema Corte non è quello di stabilire se l’imputato sia colpevole o innocente riesaminando le prove, ma solo di verificare che il processo che ha portato alla condanna si sia svolto nel rispetto della legge.
Poiché l’appello si limitava a riproporre le stesse questioni di fatto già adeguatamente valutate e motivate dalla Corte territoriale, è stato giudicato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per scoraggiare ricorsi palesemente infondati.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità e non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Chi intende impugnare una sentenza di condanna davanti alla Suprema Corte deve individuare specifici errori nell’applicazione delle norme giuridiche o vizi logici nella motivazione, non limitarsi a esprimere un dissenso sulla valutazione dei fatti. In caso contrario, il risultato sarà, come in questo caso, una dichiarazione di inammissibilità con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché non sollevava questioni di diritto, ma si limitava a riproporre censure di fatto già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, chiedendo una nuova valutazione delle prove che non è consentita in sede di Cassazione.
Qual è la funzione della Corte di Cassazione secondo questa ordinanza?
La Corte di Cassazione agisce come giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici di merito, senza poter riesaminare e rivalutare i fatti e le prove del processo.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 936 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 936 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a PADOVA il 13/05/1977
avverso la sentenza del 18/03/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità, non è consentito perché fondato su censure aspecifiche e schiettamente fattuali che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese, anche implicitamente, dalla Corte di merito (cfr. pp. 1-3, sull’individuazione del rapinatore, anche sulla base delle immagini di videosorveglianza, dei tabulati telefonici e del ripetuto modus operandi), sollecitando una rilettura del materiale istruttorio preclusa in questa sede di legittimità;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in data 19 novembre 2024
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