Ricorso inammissibile dopo il concordato in appello: la Cassazione fissa i paletti
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i limiti stringenti all’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di ‘concordato in appello’. La decisione sottolinea come la scelta di questo rito alternativo comporti una rinuncia implicita a contestare aspetti che esulano dalla validità dell’accordo stesso, rendendo di conseguenza il ricorso inammissibile se fondato su tali basi. Analizziamo nel dettaglio la pronuncia e le sue implicazioni pratiche.
I fatti del processo
Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. In secondo grado, le parti avevano raggiunto un accordo sulla pena ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, ottenendo una parziale riforma della condanna di primo grado per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali.
Nonostante l’accordo, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che la Corte d’Appello avesse omesso di spiegare perché non sussistessero le condizioni per un proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 c.p.p., prima di ratificare la pena concordata.
Il Ricorso Inammissibile e i Motivi Ammessi
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti dalla legge in questa specifica fattispecie. La giurisprudenza è ormai consolidata nel ritenere che l’impugnazione di una sentenza di ‘patteggiamento in appello’ sia circoscritta a pochissime ipotesi.
Nello specifico, il ricorso è considerato ammissibile solo se contesta:
1. La formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Il consenso del pubblico ministero all’accordo.
3. Il contenuto della pronuncia del giudice, qualora sia difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.
Qualsiasi altra doglianza, inclusa quella relativa alla mancata valutazione delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., esula da questo perimetro e non può essere fatta valere in sede di legittimità.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su un principio procedurale chiaro: l’accordo sulla pena in appello ha un forte effetto dispositivo sulla materia del contendere.
Le Motivazioni
La motivazione dell’ordinanza si articola su un punto centrale: l’effetto devolutivo dell’impugnazione e la rinuncia implicita ai motivi di appello. Quando l’imputato sceglie di accedere al concordato, di fatto rinuncia a tutti gli altri motivi di gravame presentati con l’atto di appello. Di conseguenza, la cognizione del giudice di secondo grado viene limitata esclusivamente alla verifica della correttezza dell’accordo e alla sua ratifica.
Il giudice d’appello, pertanto, non è tenuto a motivare sul perché non abbia prosciolto l’imputato, in quanto tale questione non fa più parte dell’oggetto del giudizio, essendo stata ‘superata’ dalla volontà delle parti di definire il processo con un accordo sulla pena. La cognizione del giudice è circoscritta ai soli aspetti non coperti dalla rinuncia, e il proscioglimento nel merito non rientra tra questi.
Le Conclusioni
Questa pronuncia conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso e consolidato. La scelta del concordato in appello è una strategia processuale che offre il vantaggio di una rideterminazione della pena ma comporta, come contropartita, una significativa limitazione delle successive facoltà di impugnazione. Gli avvocati e i loro assistiti devono essere pienamente consapevoli che, una volta intrapresa questa strada, la possibilità di contestare la sentenza in Cassazione per motivi di merito, come la sussistenza di cause di non punibilità, è preclusa. La decisione rende evidente che il sistema processuale valorizza la volontà delle parti di definire il contenzioso, restringendo il successivo controllo di legittimità ai soli vizi intrinseci dell’accordo stesso.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di “concordato in appello” per mancata valutazione delle cause di proscioglimento?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale motivo rende il ricorso inammissibile, poiché l’adesione al concordato implica la rinuncia ai motivi di appello non relativi all’accordo stesso, limitando la cognizione del giudice.
Quali sono i motivi validi per ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p.?
Il ricorso è ammissibile solo se contesta vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, o al contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto a quanto pattuito.
Perché il giudice d’appello non deve motivare sul mancato proscioglimento quando accoglie una richiesta di pena concordata?
Perché, a seguito della rinuncia ai motivi di appello da parte dell’imputato, la cognizione del giudice è limitata ai soli profili non oggetto di rinuncia. La valutazione delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. esula da tale perimetro, in quanto coperta dalla rinuncia implicita nell’accordo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29801 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29801 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/12/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
– Lato avviso alle parti; I
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME impugna la sentenza in epigrafe indicata, che, recependo la concorde richiesta delle parti avanzata a norma dell’art. 599-bis, cod. proc. pen., in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena a lui inflitta per i delitti di cui agli artt. 337, 582 e 585, cod. pen..
Egli denuncia l’assenza di motivazione sull’inesistenza di cause di proscioglimento immediato ex art. 129, cod. proc. pen..
Si procede a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., essendo il ricorso inammissibile, perché proposto per motivi non consentiti.
Il ricorso in Cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis, cod. proc. pen., è ammissibile solo se deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice. Sono inammissibili, invece, le doglianze alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129, cod. proc. pen. (per tutte, Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, Mariniello, Rv. 276102), poiché il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste da tale disposizione, in quanto, in ragione dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274522; nonché Sez. U, n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, NOME, in motivazione).
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equa in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Così deciso, il 28 giugno 2024.