Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24255 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24255 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME natg a COGNOME il 13/12/2005
avverso la sentenza del 11/02/2025 del GIP TRIBUNALE di MESSINA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza dell’Il febbraio 2025, con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina applicava,
ex art. 444 cod. proc. pen., a NOME COGNOME la pena di tre anni e sei mesi reclusione,
per i reati di cui ai capi A, B e C, commessi a Messina il 18 maggio 2024.
Ritenuto che, nelle ipotesi di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice ha il dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e
la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo avere accertato che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129
cod. proc. pen.
Ritenuto che, tenuto conto di questi parametri, le censure difensive prospettate appaiono prive di specificità e manifestamente infondate, in ragione
del fatto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, oltre a qualificare correttamente i fatti di reato contestati a NOME COGNOME ai capi A, B e C,
si soffermava in termini congrui sull’univocità del compendio probatorio che era stato acquisito nei suoi confronti, richiamando il verbale di arresto in flagranza di reato eseguito il 18 maggio 2024.
Ritenuto che il percorso argomentativo seguito dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art. 444 cod. proc. pen., risulta pienamente adeguato ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Sez. U, n. 3 del 25/11/1998, Messina, Rv. 212438 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinata in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5 giugno 2025.