Ricorso inammissibile: la Cassazione e la condanna alla Cassa Ammende
L’esito di un processo non si conclude sempre con una sentenza che decide sul merito della questione. A volte, l’atto di impugnazione stesso può essere viziato, portando a una dichiarazione di ricorso inammissibile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare le conseguenze di tale pronuncia, in particolare la condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale trae origine da un ricorso presentato alla Suprema Corte di Cassazione da un soggetto avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Palermo nell’aprile del 2024. Il ricorrente, attraverso il suo difensore, ha cercato di ottenere l’annullamento o la riforma della decisione di secondo grado, portando le sue ragioni dinanzi ai giudici di legittimità.
La Pronuncia di Ricorso Inammissibile della Corte
La Corte di Cassazione, riunita in camera di consiglio, ha esaminato il ricorso proposto. Sebbene il testo dell’ordinanza sia estremamente sintetico e non entri nel dettaglio delle motivazioni, l’esito è chiaramente desumibile dal dispositivo. La Corte ha infatti condannato il ricorrente al versamento della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa statuizione è una conseguenza diretta e tipica della dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione nel processo penale. Di fatto, la Corte non è entrata nel merito delle questioni sollevate, fermandosi a una valutazione preliminare che ha evidenziato un vizio insanabile dell’atto di ricorso.
Le Motivazioni
Il provvedimento in esame non esplicita le ragioni specifiche che hanno condotto alla dichiarazione di inammissibilità. Tuttavia, in via generale, un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile per diverse cause, tutte riconducibili a vizi procedurali. Tra le più comuni vi sono: la presentazione del ricorso fuori dai termini perentori stabiliti dalla legge, la mancanza di motivi specifici di impugnazione (limitandosi a una generica contestazione), la proposizione di censure che attengono al merito dei fatti (non consentite in sede di legittimità, dove si valuta solo la corretta applicazione della legge) o la mancanza di interesse ad agire. La condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende funge da deterrente contro la proposizione di impugnazioni dilatorie o palesemente infondate, che sovraccaricano inutilmente il sistema giudiziario.
Le Conclusioni
Questa ordinanza, pur nella sua concisione, ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: l’accesso al giudizio di Cassazione è soggetto a rigidi requisiti di ammissibilità. La violazione di tali requisiti non solo impedisce l’esame nel merito delle proprie ragioni, ma comporta anche conseguenze economiche negative per il ricorrente. La decisione sottolinea l’importanza cruciale di affidarsi a un difensore esperto che possa valutare attentamente la sussistenza dei presupposti per un ricorso, evitando così una pronuncia sfavorevole e la relativa sanzione pecuniaria. Impugnare una sentenza è un diritto, ma il suo esercizio deve avvenire nel pieno rispetto delle regole processuali.
Qual è stato l’esito del ricorso presentato in Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Cosa significa la condanna al pagamento alla Cassa delle ammende?
Nel processo penale, è una sanzione pecuniaria che viene tipicamente imposta quando un ricorso proposto da una parte privata viene dichiarato inammissibile. Serve a sanzionare l’abuso dello strumento processuale e a scoraggiare impugnazioni infondate o dilatorie.
Contro quale decisione era stato proposto il ricorso?
Il ricorso era stato proposto avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Palermo in data 2 aprile 2024.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22132 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22132 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 25/12/1967
avverso la sentenza del 02/04/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
R.G. n. 34675/2024
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di evasione );
Esaminati i motivi di ricorso, relativo al giudizio di responsabilità e al mancato riconoscimen della causa di non punibilità per tenuità del fatto;
Ritenuti i motivi inammissibili, perché, da una parte, meramente riproduttivi di censure gi adeguatamente valutate dai Giudici di merito e, dall’altra, perché obiettivamente generic
rispetto alla motivazione della sentenza impugnata con la quale non si confrontano (cfr., in particolare, pag. 3 quanto al mancato riconoscimento dell’art. 131 bis cod. pen.);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della
Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 21 febbraio 2025.