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Ricorso inammissibile: Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una sentenza emessa con la procedura di “concordato in appello”. L’ordinanza chiarisce che non è possibile contestare in Cassazione la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. (proscioglimento) o la determinazione della pena, se non illegale, quando si è aderito a tale accordo. La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello Concordato Non Si Può Contestare

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame affronta un tema cruciale della procedura penale: i limiti all’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di un ‘concordato in appello’. La decisione ribadisce un principio consolidato, sottolineando come l’adesione a un accordo sulla pena limiti drasticamente le possibilità di contestazione successiva, portando alla declaratoria di ricorso inammissibile in caso di motivi non consentiti. Questo pronunciamento serve da monito sull’importanza di valutare attentamente le conseguenze di una scelta processuale strategica come quella prevista dall’art. 599-bis c.p.p.

I Fatti del Caso: L’Impugnazione Dopo l’Accordo in Appello

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma. Tale sentenza era stata pronunciata a seguito di un ‘concordato’, ovvero un accordo tra le parti processuali sulla ridefinizione della pena in secondo grado, come disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale. Nonostante l’accordo raggiunto, il ricorrente ha deciso di adire la Corte di Cassazione, lamentando la mancata valutazione da parte del giudice d’appello delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’articolo 129 c.p.p.

Il Cuore della Questione: I Limiti del Ricorso in Cassazione

La questione giuridica centrale è se e in quali limiti sia possibile presentare ricorso per Cassazione contro una sentenza che recepisce un accordo sulla pena in appello. La procedura del concordato è volta a definire più rapidamente il processo, ma implica una parziale rinuncia al diritto di impugnazione. Il ricorrente, tuttavia, ha tentato di superare questi limiti, sostenendo che il giudice avrebbe comunque dovuto verificare d’ufficio la sussistenza di cause di non punibilità evidenti, come previsto dall’art. 129 c.p.p.

La Decisione della Corte sul ricorso inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Con una decisione netta, i giudici hanno confermato che l’ambito di cognizione del ricorso avverso le sentenze emesse ex art. 599-bis c.p.p. è estremamente circoscritto. Accogliendo una linea giurisprudenziale consolidata, la Corte ha stabilito che la scelta di aderire al concordato sulla pena preclude la possibilità di sollevare successivamente questioni che si considerano implicitamente rinunciate con l’accordo stesso.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni dell’ordinanza si basano su un principio di coerenza e auto-responsabilità processuale. La Corte ha spiegato che i ricorsi contro le sentenze di ‘patteggiamento in appello’ sono inammissibili quando riguardano:
1. Motivi rinunciati: L’accordo stesso implica una rinuncia ai motivi di appello che non vengono accolti.
2. Mancata valutazione per il proscioglimento (art. 129 c.p.p.): La richiesta di concordato sulla pena è incompatibile con la pretesa di un proscioglimento nel merito, a meno che la causa di non punibilità non sia di palese evidenza.
3. Vizi sulla determinazione della pena: Non è possibile contestare l’entità della pena concordata, a meno che essa non sia ‘illegale’, cioè determinata al di fuori dei limiti edittali previsti dalla legge o appartenente a una specie diversa da quella stabilita.

Poiché i motivi del ricorrente rientravano in queste categorie precluse, il ricorso non poteva essere esaminato nel merito. Di conseguenza, in applicazione dell’art. 610, comma 5-bis c.p.p., l’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche del Principio di Diritto

Questa ordinanza rafforza la stabilità delle sentenze emesse a seguito di concordato in appello e definisce chiaramente i confini del diritto di impugnazione. Per gli avvocati e i loro assistiti, la decisione sottolinea l’importanza di una valutazione ponderata prima di accedere a tale istituto: l’accordo sulla pena rappresenta una scelta strategica che, sebbene potenzialmente vantaggiosa, comporta una significativa compressione delle successive facoltà di difesa in Cassazione. La via del ricorso resta aperta solo per vizi di particolare gravità, come l’illegalità della pena, escludendo doglianze di merito o relative a valutazioni discrezionali del giudice che si considerano superate dall’accordo stesso.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’ (art. 599-bis c.p.p.)?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è generalmente inammissibile se riguarda motivi rinunciati, la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., o vizi nella determinazione della pena che non ne comportino l’illegalità.

Quali motivi rendono un ricorso inammissibile in questo specifico contesto?
Secondo l’ordinanza, sono inammissibili i ricorsi che contestano la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. (proscioglimento per evidenza della prova) e quelli che criticano la determinazione della pena concordata, a meno che la sanzione inflitta non sia illegale, ovvero al di fuori dei limiti di legge o di tipo diverso da quello previsto.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, in questo caso determinata in 3.000,00 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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