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Ricorso inammissibile: Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 29 ottobre 2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile, ribadendo i confini del proprio giudizio. Il ricorso contestava la valutazione sulla recidiva e l’applicazione di una norma penale. La Corte ha stabilito che non è possibile richiedere una nuova valutazione dei fatti già decisi nei gradi di merito e che i motivi di ricorso devono rientrare nei limiti del giudizio di rinvio. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione fissa i paletti

L’ordinanza della Corte di Cassazione del 29 ottobre 2024 offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, chiarendo perché un appello può essere dichiarato ricorso inammissibile. Questo provvedimento sottolinea un principio fondamentale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Analizziamo insieme i dettagli del caso e le ragioni della decisione.

I Fatti di Causa

Un imputato, a seguito di una sentenza della Corte di Appello, ha proposto ricorso per cassazione basandosi su due principali motivi. Il primo motivo contestava la motivazione della sentenza impugnata in merito alla sussistenza della recidiva. Secondo la difesa, la Corte di Appello avrebbe omesso di motivare adeguatamente, limitandosi a un richiamo generico alla decisione di primo grado. Il secondo motivo, invece, sollevava una questione relativa all’applicazione dell’articolo 81 del codice penale, concernente il reato continuato.

La Decisione della Corte: il ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione ha comportato non solo il rigetto delle richieste del ricorrente, ma anche la sua condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La Corte ha ritenuto i motivi del ricorso manifestamente infondati e, in parte, non consentiti.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha esaminato separatamente i due motivi di ricorso, spiegando nel dettaglio le ragioni dell’inammissibilità.

Analisi del Primo Motivo: la rivalutazione dei fatti

Per quanto riguarda la critica sulla motivazione della recidiva, i giudici hanno stabilito che il motivo era manifestamente infondato. La Corte di Appello, infatti, aveva affrontato specificamente il tema, richiamando le argomentazioni delle parti e condividendo esplicitamente la valutazione già espressa dal giudice di primo grado.

Secondo la Cassazione, le argomentazioni difensive non miravano a evidenziare un vizio di legge o un’illogicità manifesta della motivazione, ma tendevano a sollecitare una nuova e diversa valutazione sulla pericolosità sociale dell’imputato. Questo tipo di richiesta, che implica un riesame del merito della vicenda, è estraneo al giudizio di legittimità. La Corte ha ribadito, citando consolidata giurisprudenza, che il suo compito non è quello di ricostruire i fatti, ma di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della decisione impugnata.

Analisi del Secondo Motivo: i limiti del giudizio di rinvio

Il secondo motivo, relativo all’articolo 81 del codice penale, è stato giudicato inammissibile perché non rientrava tra le questioni devolute alla Corte di Appello in sede di rinvio. In altre parole, la precedente pronuncia della Cassazione che aveva annullato la sentenza e rinviato il processo ad un’altra sezione della Corte di Appello aveva definito un perimetro preciso di ciò che doveva essere riesaminato. La questione sollevata dal ricorrente esulava da tale perimetro, rendendo la doglianza non proponibile in quella fase del giudizio.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un chiaro monito sull’importanza di redigere ricorsi per cassazione che rispettino i rigorosi limiti imposti dalla legge. Le conclusioni che possiamo trarre sono principalmente due:

1. Nessuna rivalutazione del merito: Non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti o delle prove. I motivi devono concentrarsi su vizi di legittimità (violazione di legge) o vizi di motivazione (illogicità manifesta o contraddittorietà).
2. Rispetto del perimetro delibativo: Quando un processo torna in Appello a seguito di un annullamento con rinvio, i successivi ricorsi per cassazione possono vertere solo sulle questioni che erano oggetto del rinvio stesso. Proporre motivi estranei a quel perimetro porta inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità.

La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche l’imposizione di ulteriori oneri economici a carico del ricorrente, come le spese processuali e la sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Perché il motivo di ricorso sulla recidiva è stato dichiarato manifestamente infondato?
Perché non denunciava un vizio di legittimità, ma mirava a ottenere una nuova valutazione nel merito della pericolosità del ricorrente, un’attività preclusa al giudice di Cassazione. La Corte di Appello aveva comunque motivato la sua decisione, confrontandosi con le argomentazioni delle parti.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

Perché il secondo motivo di ricorso non è stato accolto?
Il secondo motivo è stato ritenuto inammissibile perché la questione sollevata (l’applicazione dell’art. 81 cod.pen.) non rientrava tra quelle che la Corte di Cassazione aveva demandato alla Corte di Appello in sede di rinvio, eccedendo quindi l’ambito del giudizio consentito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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