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Ricorso inammissibile: Cassazione chiarisce decreto

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, stabilendo che un decreto di archiviazione non è un provvedimento suscettibile di esecuzione né può acquisire l’irrevocabilità di una sentenza. Pertanto, non può essere utilizzato per contestare una condanna definitiva in base al principio del ‘ne bis in idem’. L’impugnazione è stata giudicata aspecifica e manifestamente infondata, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando un decreto di archiviazione non ferma una condanna

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale, dichiarando un ricorso inammissibile e chiarendo la netta differenza di valore giuridico tra un decreto di archiviazione e una sentenza di condanna irrevocabile. Questa decisione offre spunti cruciali per comprendere i limiti del principio del ne bis in idem (il divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto) nella fase esecutiva della pena.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato con sentenza definitiva, si era rivolto al Giudice dell’esecuzione sostenendo che tale condanna violasse il principio del ne bis in idem. A sostegno della sua tesi, presentava un precedente decreto di archiviazione emesso per fatti che, a suo dire, erano gli stessi per cui era stato poi condannato. L’istante chiedeva, di conseguenza, che venisse data esecuzione al provvedimento a lui più favorevole, ovvero il decreto di archiviazione, annullando di fatto gli effetti della sentenza di condanna. Il Giudice dell’esecuzione rigettava l’istanza e l’interessato proponeva ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per due motivi principali: aspecificità e manifesta infondatezza. Gli Ermellini hanno sottolineato che il ricorrente si è limitato a riproporre le medesime argomentazioni già respinte, senza confrontarsi efficacemente con la motivazione del provvedimento impugnato.

Il punto centrale della decisione, tuttavia, risiede nella natura giuridica del decreto di archiviazione. La Corte ha spiegato che tale provvedimento non è suscettibile di esecuzione né può diventare irrevocabile allo stesso modo di una sentenza. Esso rappresenta semplicemente la chiusura della fase delle indagini preliminari e non contiene un accertamento di merito sulla colpevolezza o innocenza dell’indagato. Di conseguenza, non può essere messo in contrapposizione con una sentenza di condanna passata in giudicato ai sensi dell’art. 669, comma 8, del codice di procedura penale.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si fonda su argomenti dirimenti. In primo luogo, viene evidenziata l’inapplicabilità dell’art. 669 c.p.p., norma invocata dal ricorrente, poiché questa si riferisce al conflitto tra più sentenze irrevocabili, non tra una sentenza e un decreto di archiviazione. Quest’ultimo, per sua natura, non acquista mai l’autorità di cosa giudicata in senso sostanziale.

In secondo luogo, la Cassazione ha richiamato una sua precedente pronuncia (n. 5472 del 2021) relativa allo stesso ricorrente, nella quale era già stato stabilito che il decreto di archiviazione in questione riguardava “fatti diversi dallo specifico episodio criminoso oggetto del presente procedimento”. Questa precisazione sgonfia ulteriormente la tesi del ricorrente, dimostrando che mancava persino il presupposto della “medesimezza del fatto” richiesto per l’applicazione del ne bis in idem.

Infine, la declaratoria di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa dei profili di colpa legati alla presentazione di un’impugnazione palesemente infondata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un caposaldo del nostro sistema processuale: non tutti i provvedimenti giudiziari hanno lo stesso peso. Un decreto di archiviazione, pur chiudendo una fase investigativa, non può essere equiparato a una sentenza di condanna emessa al termine di un dibattimento e divenuta irrevocabile. La decisione della Cassazione serve come monito: le impugnazioni devono essere fondate su argomenti giuridici solidi e pertinenti. Tentare di invalidare una condanna definitiva sulla base di un precedente e distinto provvedimento di archiviazione si traduce non solo in un ricorso inammissibile, ma anche in ulteriori conseguenze economiche per chi lo propone.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché considerato aspecifico e manifestamente infondato. Il ricorrente non si è confrontato con le motivazioni del provvedimento impugnato e ha basato la sua istanza su un presupposto giuridico errato.

Un decreto di archiviazione può essere usato per annullare una sentenza di condanna definitiva?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un decreto di archiviazione non è un provvedimento suscettibile di esecuzione né acquisisce l’irrevocabilità tipica di una sentenza. Pertanto, non può essere utilizzato per contestare una condanna passata in giudicato, nemmeno invocando il principio del ‘ne bis in idem’.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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