Ricorso Inammissibile: La Firma dell’Avvocato fa la Differenza
Un ricorso inammissibile può avere conseguenze ben più gravi di una semplice sconfitta processuale. Lo dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che sottolinea un principio fondamentale della procedura penale: per accedere al giudizio di legittimità, non basta avere delle buone ragioni, ma è indispensabile rispettare scrupolosamente le regole formali. Tra queste, una delle più importanti riguarda la qualifica del difensore. Vediamo nel dettaglio cosa è successo e quali lezioni pratiche possiamo trarne.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di una sentenza emessa dal Tribunale di Reggio Calabria, decideva di presentare ricorso presso la Suprema Corte di Cassazione. L’obiettivo, come sempre in questi casi, era quello di ottenere l’annullamento della decisione precedente, contestandone la legittimità. Tuttavia, l’iter processuale si è interrotto bruscamente, ancor prima che i giudici potessero entrare nel merito delle questioni sollevate.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile de plano, ovvero senza neppure la necessità di una discussione in udienza. La decisione non si è basata sulla fondatezza o meno dei motivi di ricorso, ma su un vizio procedurale preliminare e insuperabile. Di conseguenza, il ricorrente non solo ha visto respinta la sua impugnazione, ma è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione dell’ordinanza è tanto semplice quanto rigorosa e si fonda su un requisito non negoziabile stabilito dal codice di procedura penale.
La Mancanza di un Requisito Formale Essenziale
Il cuore della decisione risiede nell’articolo 613 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce in modo inequivocabile che il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito “albo speciale della Corte di cassazione”. Si tratta di avvocati che, per anzianità di servizio ed esperienza, hanno ottenuto l’abilitazione a patrocinare dinanzi alle giurisdizioni superiori.
Nel caso di specie, i giudici hanno accertato che il legale che aveva firmato e depositato l’atto non possedeva tale qualifica al momento della presentazione. Questa mancanza non è una mera formalità, ma un vizio che invalida l’intero atto, rendendo il ricorso inammissibile.
L’Automatismo della Sanzione
Una volta accertata l’inammissibilità per tale motivo, la legge prevede conseguenze precise. L’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale consente alla Corte di dichiarare l’inammissibilità senza udienza (de plano). Inoltre, l’articolo 616 dello stesso codice impone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. La Corte ha ritenuto congrua la somma di tremila euro, richiamando anche un principio della Corte Costituzionale (sentenza n. 186 del 2000), secondo cui la presentazione di un ricorso viziato da un errore così evidente integra un profilo di colpa che giustifica la sanzione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un monito cruciale per chiunque intenda intraprendere un percorso giudiziario: la scelta del difensore è un passo fondamentale, soprattutto quando si arriva ai gradi più alti di giudizio. Verificare che il proprio avvocato sia abilitato al patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione non è un optional, ma una condizione essenziale per evitare che il ricorso venga dichiarato inammissibile. Un errore di questo tipo non solo preclude ogni possibilità di vedere esaminate le proprie ragioni nel merito, ma comporta anche significative conseguenze economiche. La forma, nel diritto, è spesso sostanza.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’avvocato che lo ha proposto e sottoscritto non era iscritto, al momento della presentazione, nell’albo speciale dei difensori abilitati al patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione, come richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 613, comma 1, del codice di procedura penale.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
La Corte ha esaminato il merito delle questioni sollevate nel ricorso?
No, la Corte non è entrata nel merito delle questioni. La mancanza di un requisito formale essenziale, come la sottoscrizione da parte di un avvocato cassazionista, ha impedito ai giudici di procedere all’esame del contenuto del ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2338 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2338 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MELITO DI PORTO SALVO il 05/01/1961
avverso la sentenza del 05/12/2023 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA
t 2afo GLYPH avviso alle parti;i udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso di NOME COGNOME (così qualificato dalla Corte di appello di Reggio Calabria) ed il provvedimento impugnato.
Considerato che il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena d’inammissibilità (art. 613, comma 1, cod. proc. pen.), da difensore abilitato al patrocin dinanzi alle giurisdizioni superiori;
Rilevato che l’impugnazione risulta proposta da difensore non iscritto, al momento della presentazione, nell’albo speciale della Corte di cassazione;
Ritenuto che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.