Ricorso Inammissibile: Quando la Scelta dell’Avvocato è Decisiva
Nel complesso mondo della giustizia penale, le regole procedurali non sono meri formalismi, ma pilastri che garantiscono il corretto svolgimento del processo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda quanto possa essere grave sottovalutare questi aspetti, portando a un ricorso inammissibile con pesanti conseguenze economiche per l’imputato. Il caso in esame dimostra in modo inequivocabile che la qualifica del difensore è un requisito fondamentale per poter accedere alle giurisdizioni superiori.
I Fatti di Causa
La vicenda trae origine da una sentenza del Tribunale di Roma, che aveva condannato un imputato al pagamento di una multa di mille euro per un reato previsto dalla legge sulle armi (art. 4, L. 110/1975). Contro questa decisione, il difensore dell’imputato aveva proposto un atto di appello. Tuttavia, l’atto è stato successivamente riqualificato dalla Corte come un ricorso per cassazione, l’unico mezzo di impugnazione previsto in quel contesto. Ed è qui che è emerso il problema cruciale.
La Decisione sul Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte, senza nemmeno la necessità di un’udienza (decisione de plano), ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione è netta e perentoria: l’atto era stato presentato da un soggetto non legittimato, ovvero un difensore non iscritto all’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. In pratica, l’avvocato non aveva le qualifiche necessarie per difendere un cliente dinanzi alla Corte di Cassazione.
Le Motivazioni della Cassazione
I giudici hanno spiegato che il cosiddetto ‘principio di conservazione del mezzo di impugnazione’ (art. 568, comma 5, c.p.p.), che permette di convertire un’impugnazione errata in quella corretta, non può superare le norme fondamentali che disciplinano i diversi tipi di ricorso. Presentare l’atto con la forma dell’appello non ha sanato il vizio di fondo: la mancanza di legittimazione del difensore a stare in giudizio davanti alla Cassazione.
La Corte ha richiamato un importante precedente delle Sezioni Unite (sentenza Terkuci, n. 31297/2004), che stabilisce come le regole formali e sostanziali di ogni tipo di impugnazione non possano essere derogate. La legittimazione del difensore è una di queste regole inderogabili. La mancanza di questo requisito ha reso l’atto irrimediabilmente nullo, senza alcuna possibilità di sanatoria.
Conclusioni: le Implicazioni Pratiche
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato conseguenze economiche dirette per il ricorrente. In base all’art. 616 del codice di procedura penale, è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, non essendo stati individuati elementi che potessero escludere una sua colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, è stato anche condannato a versare la somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Questa ordinanza offre una lezione fondamentale: la scelta del proprio legale rappresentante è un passo di importanza capitale. È essenziale verificare che il professionista incaricato non solo sia competente nella materia, ma possieda anche tutte le qualifiche formali richieste per il grado di giudizio che si intende adire. Un errore di questo tipo può precludere l’accesso alla giustizia e trasformarsi in un ulteriore, e significativo, costo economico.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato proposto da un avvocato che non era abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori, come la Corte di Cassazione. Mancava quindi un requisito fondamentale di legittimazione.
Cosa succede se un atto viene presentato con il nome sbagliato, ad esempio ‘appello’ invece di ‘ricorso’?
In base al principio di conservazione, il giudice può riqualificare l’atto con il nome corretto. Tuttavia, come dimostra questo caso, tale principio non può sanare vizi più gravi, come la mancanza di abilitazione del difensore, che rendono l’atto comunque inammissibile.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile per colpa?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende. In questa specifica ordinanza, la sanzione è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33906 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33906 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 01/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/10/2023 del TRIBUNALE di ROMA
NOME dato-NOME
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti;
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata;
Rilevato che è stato proposto appello – poi riqualificato in ricorso per cassazione – avverso la sentenza indicata in epigrafe, emessa dal Tribunale di Roma in composizione monocratica, che aveva condanNOME NOME COGNOME alla pena di euro mille di ammenda, in quanto responsabile del reato di cui all’art. 4, legge 18 aprile 1975, n. 110;
Ritenuto che il ricorso vada dichiarato inammissibile de plano, a norma dell’art. 610, comma 5 -bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 2017, in quanto proposto da soggetto non legittimato, in particolare da difensore non abilitato alla difesa presso le giurisdizioni superiori, a nulla rilevando che esso si stato impropriamente prospettato con la veste formale dell’appello; il principio di conservazione del mezzo di impugnazione, di cui all’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., non può in nessun caso consentire, infatti, di derogare alle norme che formalmente e sostanzialmente – disciplinano i diversi tipi di impugnazione (Sez. U, n. 31297 del 28/04/2004, dep. 16/07/2004, Terkuci, Rv. 228119);
Ritenuto che alla dichiarazione di inammissibilità debba conseguire, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, di una sanzione pecuniaria in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, sanzione che pare congruo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso in Roma, 01 luglio 2024.