Ricorso Inammissibile Avvocato: Quando un Errore Formale Costa Caro
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del diritto processuale penale: la scelta di un difensore non abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori rende il ricorso nullo. Questo caso dimostra come un errore apparentemente formale possa avere conseguenze economiche significative per il cliente, evidenziando le gravi implicazioni di un ricorso inammissibile avvocato. Analizziamo insieme la vicenda e la decisione della Suprema Corte.
I Fatti del Caso: Da Condanna Pecuniaria a Ricorso in Cassazione
Tutto ha origine da una sentenza del Giudice dell’Udienza Preliminare di Roma, che condannava un imputato al pagamento di una pena esclusivamente pecuniaria. Contro questa decisione, il difensore dell’imputato proponeva appello. Tuttavia, la legge prevede che le sentenze che infliggono solo una pena pecuniaria non siano appellabili. Di conseguenza, l’impugnazione è stata automaticamente convertita in un ricorso per cassazione, come previsto dal codice di procedura penale.
La Decisione sul ricorso inammissibile avvocato
Giunto all’esame della Corte di Cassazione, il ricorso è stato dichiarato inammissibile de plano, ovvero senza nemmeno la necessità di un’udienza. Il motivo è stato netto e perentorio: il ricorso era stato proposto da un soggetto non legittimato. Nello specifico, il difensore che aveva firmato l’atto non era iscritto all’albo speciale degli avvocati abilitati a patrocinare dinanzi alle giurisdizioni superiori, come la Corte di Cassazione. Questo difetto di legittimazione ha reso l’intero atto processuale invalido sin dall’origine.
Le Motivazioni
La difesa aveva implicitamente contato sul cosiddetto “principio di conservazione del mezzo di impugnazione” (art. 568, comma 5, c.p.p.), secondo cui un’impugnazione presentata con una forma errata può essere comunque valida se possiede i requisiti del mezzo corretto. La Cassazione, tuttavia, ha chiarito che questo principio ha dei limiti invalicabili. Citando una precedente sentenza delle Sezioni Unite, la Corte ha ribadito che la conservazione non può mai sanare un difetto che riguarda i requisiti formali e sostanziali propri di ogni tipo di impugnazione. La qualifica del difensore è uno di questi requisiti fondamentali. Permettere a un avvocato non abilitato di presentare un ricorso in Cassazione, anche se originariamente presentato come appello, significherebbe derogare a norme imperative che regolano la legittimazione a compiere atti processuali. La mancanza di abilitazione non è un mero errore formale, ma un vizio sostanziale che inficia la validità dell’atto stesso.
Le Conclusioni
Le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità sono state pesanti per il ricorrente. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, poiché non sono emersi elementi per escludere una sua colpa nella presentazione di un ricorso palesemente inammissibile, è stato anche condannato a versare la somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito: la scelta del difensore è un passo cruciale in ogni fase del processo. Affidarsi a un professionista non qualificato per il grado di giudizio specifico non solo rende vana l’azione legale, ma può comportare sanzioni economiche dirette per l’assistito, che si trova a pagare per un errore procedurale del proprio legale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato presentato da un avvocato che non era abilitato a patrocinare davanti alla Corte di Cassazione e alle altre giurisdizioni superiori.
Il fatto che l’atto fosse stato inizialmente presentato come appello non poteva ‘salvarlo’?
No. La Corte ha spiegato che il principio di conservazione del mezzo di impugnazione non può superare un difetto fondamentale come la mancanza di legittimazione del difensore, che è un requisito sia formale che sostanziale inderogabile.
Quali sono state le conseguenze economiche per la persona che ha presentato il ricorso?
La persona è stata condannata a pagare sia le spese processuali sia una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2511 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2511 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 14/01/1985
avverso la sentenza del 14/11/2023 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 14.11.2023, nell’interesse di NOME NOME è stato proposto appello, convertito in ricorso per cassazione, attesa l’inappellabilità della sentenza, trattandosi di condanna a pena pecuniaria.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile de plano, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 2017, in quanto proposto da non legittimato, in particolare da difensore non abilitato alla difesa presso le giurisdizioni superiori al tempo dell’impugnazione, a nulla rilevando che esso sia stato impropriamente proposto come appello, poiché il principio di conservazione del mezzo di impugnazione di cui all’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., non può in nessun caso consentire di derogare alle norme che formalmente e sostanzialmente regolano i diversi tipi di impugnazione (Sez. U, n. 31297 del 28/04/2004, dep. 16/07/2004, COGNOME, Rv. 228119).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento a favore della Cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in Roma il 5 dicembre 2024.