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Ricorso inammissibile: attenuanti non richieste

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una sentenza di patteggiamento. La contestazione riguardava la mancata applicazione di una circostanza attenuante non menzionata nella richiesta di pena originaria. La Corte ha stabilito che tali motivi di ricorso non sono consentiti dalla legge, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile nel Patteggiamento: La Cassazione e le Attenuanti Dimenticate

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie principali per la definizione alternativa dei procedimenti penali. Tuttavia, la sua natura di accordo processuale impone limiti stringenti alle successive possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: presentare un ricorso inammissibile basato sulla mancata concessione di attenuanti non inserite nell’accordo originario è una strada senza uscita, che comporta unicamente la condanna alle spese e a una sanzione.

I Fatti del Caso

Un imputato, dopo aver definito la propria posizione con una sentenza di patteggiamento emessa dal G.I.P. del Tribunale, decideva di impugnare tale decisione dinanzi alla Corte di Cassazione. Il motivo del ricorso era unico e specifico: lamentava l’omessa motivazione da parte del giudice sulla configurabilità della circostanza attenuante del risarcimento del danno. In sostanza, secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto considerare e motivare il diniego di un’attenuante, anche se non esplicitamente menzionata nell’accordo di patteggiamento.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto categoricamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato e codificato, che mira a preservare la stabilità e la natura negoziale del patteggiamento. Quando le parti (imputato e pubblico ministero) concordano una pena, si presume che l’accordo rifletta una valutazione complessiva di tutti gli elementi del caso, incluse le eventuali circostanze attenuanti. Introdurre nuove questioni in sede di legittimità snaturerebbe l’istituto stesso.

Le Motivazioni della Sentenza

Il fulcro della motivazione risiede nell’interpretazione dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. La Corte ribadisce un proprio orientamento giurisprudenziale secondo cui «in tema di patteggiamento, è inammissibile, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione con cui si deduca l’omessa applicazione di circostanze attenuanti non menzionate nella richiesta di applicazione di pena» (citando Cass. Pen., Sez. 5, n. 17982/2020).
In altre parole, l’accordo di patteggiamento cristallizza la situazione processuale. Le parti, nel formulare la richiesta congiunta, definiscono il perimetro della valutazione del giudice. Non è possibile, in un secondo momento, lamentare che il giudice non abbia considerato elementi favorevoli (come le attenuanti) che non erano stati inseriti in quell’accordo. Farlo equivale a proporre una questione non consentita dalla legge, che conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. La Corte, ravvisando profili di colpa nella determinazione di tale causa di inammissibilità, ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La pronuncia in esame offre un importante monito per la pratica forense. La fase di negoziazione e redazione della richiesta di patteggiamento è cruciale e deve essere condotta con la massima diligenza. È in quella sede che la difesa deve far valere tutti gli elementi a favore dell’imputato, incluse tutte le circostanze attenuanti applicabili, come il risarcimento del danno. Una volta che l’accordo è siglato e la sentenza emessa, lo spazio per le rinegoziazioni o le contestazioni su elementi non inclusi si chiude drasticamente. Tentare di riaprire la partita in Cassazione su questi punti non è solo inefficace, ma anche economicamente svantaggioso per l’assistito.

È possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento per la mancata applicazione di un’attenuante?
No, se tale circostanza attenuante non era stata menzionata nella richiesta di applicazione della pena. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale rende inammissibile un ricorso per cassazione basato su questo specifico motivo.

Qual è la conseguenza di un ricorso inammissibile in questo caso?
La conseguenza è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata equitativamente in tremila euro, a causa della colpa nel proporre un ricorso privo dei requisiti di legge.

Perché il risarcimento del danno non è stato considerato ai fini dell’attenuante?
L’ordinanza non entra nel merito della questione, ma si ferma a un profilo procedurale. Il ricorso è dichiarato inammissibile perché la contestazione riguarda l’omessa applicazione di un’attenuante che non faceva parte dell’accordo di patteggiamento originario. Pertanto, la questione non poteva essere validamente sollevata in sede di ricorso per cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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