Ricorso in Cassazione: La Firma dell’Avvocato è Indispensabile
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, una fase delicata che richiede la massima perizia tecnica. Le norme procedurali non sono meri formalismi, ma garanzie di un corretto svolgimento del processo. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci ricorda quanto sia cruciale rispettare tali regole, pena la reiezione dell’atto e conseguenze economiche significative. Il caso analizzato dimostra come l’inosservanza di un requisito fondamentale, come la sottoscrizione da parte di un avvocato cassazionista, renda il ricorso irrimediabilmente nullo.
Il Caso in Analisi: Un Appello Fatto in Proprio
La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna per il reato di cui all’art. 385 del codice penale, emessa dal Tribunale di Rieti e successivamente confermata dalla Corte di Appello di Roma. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha deciso di proporre personalmente un ricorso in Cassazione avverso la sentenza di secondo grado. Questo atto, tuttavia, è stato compiuto senza l’assistenza e la firma di un difensore abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori.
La Decisione della Corte: Inammissibilità per Difetto di Legittimazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, investita del caso, non ha nemmeno esaminato il merito delle doglianze sollevate. Ha invece dichiarato il ricorso immediatamente inammissibile. La ragione è netta e insuperabile: la violazione della regola procedurale sancita dall’articolo 613, primo comma, del codice di procedura penale.
Le motivazioni: i requisiti formali del ricorso in Cassazione
La motivazione della Corte si fonda interamente sulla disciplina che regola la presentazione del ricorso in Cassazione. A seguito della riforma introdotta con la Legge n. 103 del 23 giugno 2017, la normativa è diventata ancora più stringente. L’art. 613 c.p.p. prevede espressamente che l’atto di ricorso, così come le memorie e i motivi nuovi, debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione e munito di specifico mandato.
Questa regola non ammette eccezioni. L’obiettivo del legislatore è quello di assicurare un ‘filtro’ qualitativo, garantendo che gli atti sottoposti all’esame della Suprema Corte possiedano il necessario rigore tecnico-giuridico. La Cassazione, infatti, è un giudice di legittimità, non di merito, e i ricorsi devono concentrarsi esclusivamente su presunte violazioni di legge.
La Corte ha inoltre applicato l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, anch’esso introdotto dalla riforma del 2017. Questa norma consente di dichiarare l’inammissibilità «senza formalità di procedura», ovvero de plano, quando il vizio è così evidente da non richiedere un’udienza partecipata. La mancanza della firma del difensore cassazionista rientra pienamente in questa casistica.
Le conclusioni: implicazioni pratiche e costi
Le conseguenze pratiche di questa decisione sono severe per il ricorrente. La declaratoria di inammissibilità rende definitiva la sentenza di condanna della Corte d’Appello. Oltre a ciò, l’inammissibilità del ricorso comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro da versare alla Cassa delle ammende. Questo provvedimento serve da monito: il tentativo di agire in proprio davanti alla Corte di Cassazione non solo è destinato a fallire, ma comporta anche un significativo esborso economico. La complessità del giudizio di legittimità impone inderogabilmente l’assistenza di un professionista qualificato.
È possibile per un imputato presentare personalmente un ricorso in Cassazione penale?
No, la legge (art. 613, comma 1, c.p.p.) stabilisce, a pena di inammissibilità, che il ricorso deve essere sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.
Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile per questo motivo?
La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (nel caso di specie, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa definitiva.
Come viene gestito proceduralmente un ricorso palesemente inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La Corte può provvedere ‘senza formalità di procedura’ (de plano), come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., con una trattazione camerale non partecipata, accelerando così la decisione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27950 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27950 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/09/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 6583/24 Bellini
OSSERVA
Ritenuto che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con cui la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Rieti condanna alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione per il reato di cui all’art. 385 pen. ed altro;
che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimaz processuale del ricorrente, essendo stato infatti irritualmente proposto di pers dall’imputato, in violazione della regola dettata dall’art. 613, comma 1, cod. proc. pen., novellato dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, secondo cui “l’atto di ricorso, le memorie motivi nuovi” devono essere sottoscritti, “a pena di inammissibilità”, da un difensore is nell’apposito albo speciale della Corte di cassazione munito di specifico mandato difensi (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 272010);
che alla relativa declaratoria d’inammissibilità del ricorso la Corte provvede «se formalità di procedura», ai sensi dell’art. 610, comma 5bis, cod. proc. pen., aggiunto dalla legge n. 103 del 2017, cioè de plano con trattazione camerale non partecipata;
che l’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento dell spese del procedimento e di una somma alla Cassa delle ammende che va fissata in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 14/06/2024