Ricorso in Cassazione: I Limiti al Controllo sui Fatti e sulla Motivazione
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce i principi fondamentali che regolano l’ammissibilità del ricorso in Cassazione in materia penale. La decisione sottolinea una distinzione cruciale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Analizziamo come la Suprema Corte ha respinto un ricorso basato su contestazioni fattuali e su presunti difetti di motivazione, delineando chiaramente i confini del proprio sindacato.
I Fatti del Caso
Un imputato, condannato dalla Corte di Appello di Milano, decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. Il suo obiettivo era quello di contestare la sentenza di secondo grado attraverso due principali motivi di impugnazione. In sostanza, l’imputato sosteneva che i giudici di merito avessero errato sia nella valutazione delle prove a suo carico, sia nella giustificazione dell’applicazione della recidiva, ovvero l’aggravante legata a precedenti condanne.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Il ricorrente ha strutturato il suo ricorso in Cassazione su due pilastri:
1. Vizio di motivazione per travisamento della prova: Si contestava l’affermazione di responsabilità, sostenendo che i giudici d’appello avessero interpretato erroneamente gli elementi probatori. Di fatto, si chiedeva alla Cassazione una nuova e diversa lettura dei fatti e delle prove.
2. Difetto di motivazione sulla recidiva: Si lamentava che la motivazione con cui era stata confermata l’aggravante della recidiva, e quindi un trattamento sanzionatorio più severo, fosse insufficiente o illogica.
Entrambi i motivi miravano a scardinare la struttura logico-giuridica della sentenza impugnata, ma si scontravano con i limiti intrinseci del giudizio di legittimità.
La Decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. La decisione si fonda su argomentazioni nette che riaffermano il ruolo della Corte stessa.
Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno stabilito che le critiche del ricorrente erano semplici “mere doglianze in punto di fatto”. In altre parole, non si trattava di denunciare un errore di diritto, ma di esprimere un dissenso sulla valutazione del materiale probatorio, un’attività che spetta esclusivamente ai giudici di merito (primo e secondo grado). La Corte ha inoltre osservato che tali critiche erano una mera riproduzione di censure già esaminate e respinte in modo adeguato dalla Corte d’Appello.
Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha ritenuto che la motivazione fornita dalla Corte d’Appello riguardo alla recidiva fosse “sufficiente e non illogica”, e che avesse tenuto in adeguata considerazione le argomentazioni difensive. Pertanto, non sussisteva alcun vizio motivazionale che potesse giustificare l’annullamento della sentenza.
Le Motivazioni
La decisione si basa su principi cardine della procedura penale. In primo luogo, la Corte di Cassazione non è un “terzo giudice” dei fatti. Il suo compito è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali (funzione nomofilattica), non di stabilire se le prove siano state valutate correttamente nel merito. Un ricorso in Cassazione è ammissibile solo se denuncia vizi di legittimità, come l’erronea applicazione di una norma di legge o un vizio di motivazione che sia palesemente illogico, contraddittorio o del tutto assente.
Nel caso specifico, contestare come i giudici d’appello hanno interpretato le prove è un’operazione che esula dalle competenze della Cassazione. Allo stesso modo, la valutazione sulla sussistenza della recidiva rientra nella discrezionalità del giudice di merito, e il suo operato può essere censurato in sede di legittimità solo se la motivazione a supporto è gravemente carente, cosa che la Corte ha escluso in questa vicenda.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre una lezione pratica fondamentale: un ricorso in Cassazione deve essere redatto con estrema perizia tecnica, concentrandosi esclusivamente sui vizi di diritto. Tentare di riaprire la discussione sui fatti o riproporre le medesime argomentazioni già respinte in appello è una strategia destinata al fallimento. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata quantificata in 3.000 euro.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o la ricostruzione dei fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge. Un ricorso basato su mere “doglianze in punto di fatto” viene dichiarato inammissibile.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando, come in questo caso, non contesta errori di diritto ma cerca di ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda, oppure quando ripropone le stesse censure già adeguatamente respinte dalla corte d’appello, o ancora quando la motivazione contestata è in realtà sufficiente e non illogica.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22077 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22077 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a LEGNANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/09/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME; Letta altresì la memoria depositata nell’interesse dello stesso;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta il vizio motivazionale per travisamento della prova in ordine all’affermazione di responsabilità del ricorrente ed al riconoscimento dello stesso, è inammissibile poiché costituito da mere doglianze in punto di fatto, peraltro riproduttive di censure già adeguatamente vagliate e disattese dai giudici di appello alla pag. 7 della sentenza impugnata, ove sono esposti gli elementi per ritenerlo concorrente nei fatti;
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si deduce il difetto di motivazione in relazione alla sussistenza della recidiva, è indeducibile poiché afferente al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (si veda, in particolare, pag. 8 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23/04/2024
I Consigliere COGNOME ten ore