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Ricorso in Cassazione: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto. La decisione si fonda su due principi cardine del giudizio di legittimità: il ricorso in Cassazione non può essere generico, ma deve specificare chiaramente i motivi di doglianza, e non può chiedere alla Suprema Corte una nuova valutazione dei fatti, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Perché la Genericità Porta all’Inammissibilità

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultima possibilità per contestare una sentenza di condanna, ma è un percorso irto di ostacoli procedurali. Affinché la Suprema Corte possa esaminare il caso, l’atto di impugnazione deve rispettare requisiti di forma e sostanza molto stringenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la genericità e la richiesta di una nuova valutazione dei fatti conducano inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per il reato di furto, confermata sia in primo grado che in appello. L’imputato, ritenendo ingiusta la decisione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Il suo unico motivo di ricorso lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo alla certa attribuibilità del furto alla sua persona. In sostanza, contestava la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove che avevano portato alla sua condanna.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. I giudici hanno stabilito che il ricorso non possedeva i requisiti minimi per poter essere esaminato, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: i limiti del ricorso in cassazione

La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali che definiscono i limiti del ricorso in Cassazione.

La Genericità e Indeterminatezza del Motivo

Il primo problema riscontrato è stata la genericità del ricorso. Secondo l’art. 581 del codice di procedura penale, chi impugna una sentenza deve indicare in modo specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la sua richiesta. Nel caso di specie, l’atto di ricorso si limitava a una censura generica contro la motivazione della sentenza d’appello, senza individuare con precisione quali passaggi fossero errati o illogici. Questa mancanza di specificità non consente al giudice dell’impugnazione di comprendere i rilievi mossi e, di conseguenza, di esercitare il proprio controllo. Un motivo di ricorso formulato in questo modo è, per legge, inammissibile.

Il Divieto di “Rilettura” dei Fatti nel ricorso in cassazione

Il secondo, e forse più importante, motivo di inammissibilità risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. Il ricorrente, di fatto, chiedeva alla Suprema Corte di riesaminare le prove e di giungere a una conclusione diversa da quella dei giudici di merito. Tuttavia, la Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si può rifare il processo. Il suo compito è il cosiddetto giudizio di legittimità: verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria. Non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, esente da vizi, del giudice di merito. Tentare di ottenere una “rilettura” degli elementi di fatto è una richiesta che esula dai poteri della Cassazione e rende il ricorso inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda adire la Suprema Corte: il ricorso in Cassazione non è un appello bis. È uno strumento tecnico che deve concentrarsi esclusivamente su vizi di legittimità. Per avere una possibilità di successo, è indispensabile formulare motivi specifici, chiari e pertinenti, che denuncino errori di diritto o palesi illogicità nella motivazione della sentenza impugnata, senza mai sconfinare nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove. In caso contrario, il rischio è una declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna alle spese.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni principali: era generico, in quanto non specificava chiaramente gli elementi criticati nella sentenza precedente, e chiedeva una nuova valutazione dei fatti, attività che non rientra nei poteri della Corte di Cassazione.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “generico”?
Significa che il motivo è formulato in modo vago e indeterminato, senza indicare con precisione le parti della sentenza che si contestano e le specifiche ragioni di diritto o di fatto. Ciò impedisce al giudice di comprendere la censura e di valutarla, come richiesto dall’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No. La Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza, ma non può effettuare una nuova valutazione delle prove o una “rilettura” degli elementi di fatto già esaminati dai giudici dei gradi precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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