Ricorso in Cassazione Personale: La Necessità dell’Avvocato Cassazionista
Presentare un ricorso in Cassazione personale, ovvero senza l’assistenza di un avvocato abilitato, è una mossa processualmente errata con conseguenze molto serie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ce lo ricorda, dichiarando inammissibile il ricorso di un cittadino e condannandolo al pagamento delle spese e di una cospicua sanzione. Analizziamo insieme questo caso per capire le regole fondamentali del giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato in via definitiva, si era visto rigettare dal Magistrato di sorveglianza di L’Aquila un’istanza di remissione del debito. Non contento della decisione, aveva proposto opposizione, ma anche questa era stata respinta. A questo punto, il soggetto decideva di rivolgersi direttamente alla Corte di Cassazione, proponendo personalmente un ricorso per chiedere l’annullamento del provvedimento a lui sfavorevole.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, senza nemmeno entrare nel merito della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha utilizzato la procedura semplificata de plano, prevista quando l’esito del ricorso è palesemente scontato. La decisione si è basata su un vizio formale insuperabile: la violazione delle norme che regolano la presentazione del ricorso davanti alla Suprema Corte.
Le Motivazioni: Il Divieto di Ricorso in Cassazione Personale
La motivazione della Corte è netta e si fonda su un principio cardine della procedura penale: il ricorso in Cassazione personale non è consentito. L’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale stabilisce infatti che, ad eccezione dei casi previsti dalla legge, il ricorso deve essere sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.
Il ricorrente, avendo agito personalmente, ha dimostrato un “difetto di legittimazione”, poiché non possedeva la qualifica tecnica richiesta dalla legge per stare in giudizio davanti alla Suprema Corte. Questa regola non è un mero formalismo, ma è posta a garanzia della serietà e della tecnicità del giudizio di legittimità, che verte su questioni di diritto e non su una nuova valutazione dei fatti.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche e Sanzioni
Le conseguenze di tale errore procedurale sono state severe. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, all’inammissibilità del ricorso consegue automaticamente la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Inoltre, la Corte ha condannato l’uomo al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria viene applicata quando non emergono elementi che possano giustificare l’errore commesso, ovvero quando la causa di inammissibilità è imputabile a colpa del ricorrente. In questo caso, la violazione di una norma così chiara come quella sull’obbligatorietà del difensore è stata considerata un errore colpevole. Questa ordinanza ribadisce quindi un messaggio fondamentale: il percorso verso la Corte di Cassazione richiede competenza tecnica e non ammette iniziative personali.
È possibile presentare personalmente un ricorso per cassazione in materia penale?
No, l’ordinanza chiarisce che il ricorso per cassazione in materia penale deve essere proposto, a pena di inammissibilità, tramite un avvocato iscritto nell’apposito albo dei patrocinanti davanti alle giurisdizioni superiori, come previsto dall’art. 613, comma 1, del codice di procedura penale.
Quali sono le conseguenze se si presenta un ricorso in Cassazione personalmente?
Se il ricorso viene presentato personalmente, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se non vi sono elementi per escludere la colpa, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
A quanto può ammontare la sanzione pecuniaria in caso di ricorso inammissibile?
Nel caso specifico esaminato dall’ordinanza, la Corte ha determinato la sanzione in euro 3.000,00 da versare alla Cassa delle ammende, ritenendo tale importo equo data la palese e colpevole violazione delle norme processuali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2653 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2653 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MAGENTA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/03/2023 del GIUD. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
fissato il ricorso de plano;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
,/
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il provvedimento impugnato, il Magistrato di sorveglianza di L’Aquila ha rigettato l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza di L’Aquila in data 24 marzo 2023 con la quale era stata rigettata l’istanza di remissione del debito.
Ricorre NOME COGNOME, personalmente, che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato.
Il ricorso può essere trattato de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5 -bis, cod. proc. pen., trattandosi di impugnazione che deve essere dichiarata inammissibile per difetto di legittimazione del ricorrente, il quale ha proposto il ricorso personalmente in violazione dell’art. 613, comma 1, cod. proc. pen.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2023.