Ricorso in Cassazione personale: quando è inammissibile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso in Cassazione personale da parte dell’imputato non è più ammesso. Questa pronuncia offre l’occasione per fare chiarezza su un punto cruciale, modificato dalla recente riforma legislativa, che impone l’assistenza di un difensore qualificato per adire la Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Milano, decideva di impugnare la sentenza proponendo personalmente ricorso per Cassazione. L’atto veniva quindi presentato direttamente dall’interessato, senza l’intermediazione e la sottoscrizione di un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione è stata presa con una procedura snella, nota come ‘trattazione camerale non partecipata’, prevista dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Questa modalità viene utilizzata per le decisioni che non richiedono un’udienza pubblica, come nei casi di manifesta inammissibilità.
L’inammissibilità del ricorso in Cassazione personale
Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 613 del codice di procedura penale. La Corte ha sottolineato come la normativa vigente, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 103 del 2017 (nota come ‘riforma Orlando’), abbia eliminato la possibilità per l’imputato di presentare personalmente il ricorso. La legge ora richiede, a pena di inammissibilità, che l’atto sia sottoscritto da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Cassazione.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte sono chiare e si basano su un’interpretazione letterale della norma. La riforma del 2017 ha inteso rafforzare il ruolo tecnico del difensore nel giudizio di legittimità, un giudizio che non riesamina i fatti, ma si concentra esclusivamente sulla corretta interpretazione e applicazione delle norme di diritto. Consentire un ricorso in Cassazione personale sarebbe in contrasto con la natura altamente specialistica di questo grado di giudizio. La Corte ha quindi agito in conformità con il dettato normativo e con la giurisprudenza consolidata successiva alla riforma. La conseguenza processuale dell’inammissibilità, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a titolo di sanzione pecuniaria, in questo caso determinata in 3.000 euro, da versare alla Cassa delle ammende.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma in modo inequivocabile che chiunque intenda presentare un ricorso per Cassazione in materia penale deve obbligatoriamente avvalersi di un avvocato cassazionista. Il ‘fai da te’ processuale, in questa fase, non è consentito e porta a conseguenze negative certe: l’inammissibilità del ricorso e l’addebito di spese e sanzioni. La pronuncia serve da monito sulla necessità di affidarsi sempre a professionisti qualificati per navigare le complesse acque della procedura penale, specialmente nell’ultimo e più tecnico grado di giudizio.
È possibile per un imputato presentare personalmente un ricorso in Cassazione?
No, la Corte ha stabilito che, a seguito della modifica dell’art. 613 del codice di procedura penale ad opera della legge n. 103 del 2017, l’imputato non può più proporre personalmente il ricorso in Cassazione.
Quali sono le conseguenze se un ricorso viene presentato personalmente dall’imputato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la legge vigente (art. 613 c.p.p.) richiede obbligatoriamente che l’atto di ricorso sia redatto e sottoscritto da un difensore abilitato al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione, escludendo la possibilità che l’imputato agisca personalmente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33059 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33059 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 18/05/1994
avverso la sentenza del 27/02/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso presentato personalmente da NOME la sentenza della Corte di Appello di Milano, emessa in data 27/02/2025 è inammissibile.
L’art. 613 cod. proc. pen. – come modificato dall’art. 1, comma 55, legge n. 103 del 2017- non consente più che l’imputato possa proporre personalmente ricorso in cassazione.
L’inammissibilità del ricorso va dichiarata senza formalità di rito e con trattazione camerale non partecipata, con ordinanza ex art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Rv. 272014; Sez. 6, n. 8912 del 20/02/2018, Rv. 272389).
Dalla inammissibilità del ricorso deriva, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma che risulta congruo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
Così deciso il giorno