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Ricorso in Cassazione personale: inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso in Cassazione personale presentato da un imputato. La decisione si basa sulla modifica dell’art. 613 c.p.p., che richiede obbligatoriamente l’assistenza di un avvocato per questo tipo di impugnazione, escludendo la possibilità per l’imputato di agire autonomamente.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione Personale: Perché è Inammissibile?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso in Cassazione personale, ovvero quello presentato direttamente dall’imputato senza l’assistenza di un avvocato, è inammissibile. Questa decisione conferma la necessità di una difesa tecnica qualificata nel grado più alto della giurisdizione, sottolineando come l’evoluzione normativa abbia voluto rafforzare le garanzie processuali attraverso la professionalità del difensore.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un procedimento penale per reati legati agli stupefacenti. L’imputato, dopo una condanna in primo grado emessa dal GUP del Tribunale, aveva visto la sua pena parzialmente riformata dalla Corte d’Appello, che aveva riqualificato alcuni aspetti del reato, rideterminato la pena e modificato la sanzione accessoria. Insoddisfatto della decisione di secondo grado, l’imputato decideva di impugnare la sentenza proponendo personalmente ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte: Focus sul ricorso in Cassazione personale

La Suprema Corte, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile senza nemmeno entrare nel merito delle doglianze. La decisione si fonda su una ragione puramente procedurale, ma di importanza cruciale: la carenza di legittimazione del ricorrente.

Secondo i giudici, l’imputato non aveva il potere di presentare autonomamente l’impugnazione. Questa preclusione deriva direttamente dalla modifica dell’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale, introdotta dalla legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta “Riforma Orlando”).

La Riforma dell’Art. 613 c.p.p.

Prima della riforma del 2017, l’imputato aveva la facoltà di presentare personalmente il ricorso. Tuttavia, il legislatore ha eliminato questa possibilità, stabilendo che il ricorso in Cassazione debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale dei patrocinanti in Cassazione. La finalità di questa norma è quella di garantire un elevato livello di competenza tecnica in un giudizio, come quello di legittimità, che non riesamina i fatti, ma si concentra sulla corretta applicazione delle norme di diritto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la propria decisione richiamando la sua stessa giurisprudenza consolidata, in particolare una pronuncia delle Sezioni Unite (sent. n. 8914/2018). In quell’occasione, era stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della nuova norma. I giudici hanno chiarito che l’obbligo di una difesa tecnica non viola i diritti di difesa garantiti dalla Costituzione (artt. 24 e 111) e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (art. 6 CEDU).

La scelta del legislatore di escludere la difesa personale in Cassazione è considerata ragionevole. L’elevato livello di specializzazione richiesto per redigere un ricorso di legittimità giustifica la necessità di un filtro tecnico qualificato. Questo, secondo la Corte, non limita le facoltà difensive, ma le canalizza nel modo più efficace, anche perché il sistema prevede l’istituto del patrocinio a spese dello Stato per chi non può permettersi un difensore.

Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso ha comportato anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto in questi casi.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma di un principio ormai saldo nel nostro ordinamento processuale. Chiunque intenda contestare una sentenza di appello davanti alla Corte di Cassazione deve obbligatoriamente avvalersi di un avvocato cassazionista. La possibilità di un ricorso in Cassazione personale è stata definitivamente archiviata dal legislatore per assicurare che il giudizio di legittimità sia tecnicamente rigoroso e focalizzato sulle sole questioni di diritto. Questa regola, lungi dal costituire una limitazione, è una garanzia di professionalità e serietà, volta a tutelare la funzione stessa della Suprema Corte come organo di nomofilachia.

È possibile per un imputato presentare personalmente un ricorso in Cassazione?
No, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 103 del 2017 all’art. 613 del codice di procedura penale, il ricorso in Cassazione deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. L’imputato non è più un soggetto legittimato a proporre personalmente il ricorso.

Perché la legge richiede obbligatoriamente un avvocato per il ricorso in Cassazione?
La legge lo richiede perché il giudizio in Cassazione è un giudizio di sola legittimità, che richiede un elevato livello di qualificazione professionale e tecnica per la formulazione dei motivi. La presenza di un difensore specializzato è considerata una scelta ragionevole del legislatore per garantire la serietà e la correttezza tecnica dell’impugnazione.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene presentato personalmente dall’imputato?
Se il ricorso viene presentato personalmente dall’imputato, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile senza esaminarne il merito. A questa declaratoria segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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