Ricorso in Cassazione personale: Perché è Inammissibile e Serve un Avvocato?
La possibilità di agire in giudizio personalmente, senza l’assistenza di un legale, è un’eccezione nel nostro ordinamento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia penale: il ricorso in Cassazione personale non è più consentito. Analizziamo questa decisione per capire le ragioni e le conseguenze pratiche per chi intende rivolgersi alla Suprema Corte.
Il Contesto del Caso
La vicenda trae origine da un’istanza presentata da un soggetto condannato, il quale aveva sollevato un incidente di esecuzione contro un provvedimento di cumulo pene emesso dalla Procura della Repubblica. Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva dichiarato inammissibile tale istanza. Contro questa decisione, l’interessato ha deciso di presentare personalmente un ricorso alla Corte di Cassazione, senza avvalersi del ministero di un difensore.
La Svolta Normativa: Come è cambiato il ricorso in Cassazione personale
Il cuore della questione risiede in una modifica legislativa cruciale. Con la Legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta “Riforma Orlando”), il legislatore ha modificato l’articolo 613 del codice di procedura penale. Prima di questa riforma, era previsto che la parte potesse presentare personalmente il ricorso. La nuova formulazione ha soppresso questa possibilità.
La norma attuale, infatti, stabilisce in modo inequivocabile che il ricorso per cassazione debba essere sottoscritto da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale, a pena di inammissibilità. Questa modifica, entrata in vigore il 3 agosto 2017, ha lo scopo di assicurare un elevato livello di tecnicismo e professionalità nel giudizio di legittimità, che non verte sui fatti del processo ma esclusivamente su questioni di diritto.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha applicato rigorosamente il principio di diritto ormai consolidato. I giudici hanno rilevato che l’atto era stato proposto personalmente dall’interessato in una data successiva all’entrata in vigore della riforma. Di conseguenza, l’assenza della firma di un avvocato cassazionista ha reso il ricorso insanabilmente viziato.
La Corte ha richiamato un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 8914/2018), che ha definitivamente chiarito come l’obbligo del patrocinio legale per il ricorso in Cassazione sia un requisito di ammissibilità imprescindibile. L’inammissibilità è stata dichiarata senza formalità di procedura, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., una procedura semplificata per i casi di vizio palese.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione
Le implicazioni di questa ordinanza sono nette. Chiunque intenda impugnare un provvedimento penale davanti alla Corte di Cassazione deve obbligatoriamente affidarsi a un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. Qualsiasi tentativo di presentare un ricorso in Cassazione personale è destinato al fallimento e comporta conseguenze economiche negative. La Corte, infatti, non solo ha dichiarato l’inammissibilità, ma ha anche condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, ravvisando una colpa nella proposizione di un ricorso palesemente inammissibile.
È possibile presentare un ricorso in Cassazione penale personalmente, senza un avvocato?
No. Secondo la Corte, a seguito della modifica dell’art. 613 c.p.p. introdotta nel 2017, il ricorso deve essere obbligatoriamente sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto all’albo speciale della Corte di cassazione.
Cosa succede se si presenta ugualmente un ricorso in Cassazione personale?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende.
Da quando è in vigore la regola che vieta il ricorso personale in Cassazione?
La regola è in vigore per tutti i ricorsi presentati dopo il 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della Legge 23 giugno 2017, n. 103, che ha modificato la procedura.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9229 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9229 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/02/2024
ORDINANZA
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sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/09/2023 del TRIBUNALE di PALERMO
rsi GLYPH dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Rilevato che il ricorso è proposto avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., l’incidente di esecuzione promosso da NOME COGNOME avverso il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla locale Procura della Repubblica in data 13 maggio 2022.
Considerato che il ricorso per cassazione avverso il descritto provvedimento, risulta proposto personalmente dall’interessato, senza ministero del difensore, in data successiva al 3 agosto 2017, dopo l’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103 il cui art. 1, comma 63, ha modificato l’art. 613, comma 1, cod. proc. pen. sopprimendo l’inciso salvo che la parte non vi provveda personalmente, così imponendo che il ricorso per cassazione sia sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 272011).
Reputato che, quindi, il ricorso è affetto da inammissibilità che può essere dichiarata senza formalità di procedura, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. cui segue la condanna al pagamento delle spese processuali e, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 8 febbraio 2024
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