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Ricorso in Cassazione nel patteggiamento: i limiti

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso proposto contro una sentenza di patteggiamento per reati contro il patrimonio. Gli imputati lamentavano il mancato proscioglimento e l’errata qualificazione giuridica, ma la Corte ha ritenuto i motivi del ricorso in Cassazione troppo generici e al di fuori dei limiti previsti dalla legge per l’impugnazione di questo tipo di sentenze.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione dopo il Patteggiamento: i Limiti Fissati dalla Suprema Corte

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini molto stringenti entro cui è possibile presentare un ricorso in Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento. La decisione sottolinea come la genericità dei motivi di ricorso e il mancato rispetto dei requisiti specifici previsti dalla legge conducano inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Analizziamo insieme questo caso per comprendere meglio le regole che governano l’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di accordo tra le parti.

Il Contesto del Ricorso: Patteggiamento e Impugnazione

Il caso trae origine dalla decisione di due imputati di ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare. La sentenza applicava loro le pene concordate per una serie di reati contro il patrimonio. Nonostante l’accordo raggiunto con la pubblica accusa, i difensori hanno deciso di impugnare la sentenza, sollevando due questioni principali: il mancato proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale e, per uno degli imputati, l’errata qualificazione giuridica dei fatti.

I Motivi del Ricorso in Cassazione: Genericità e Limiti Normativi

I ricorsi proposti si basavano su argomentazioni che la Suprema Corte ha ritenuto non idonee a superare il vaglio di ammissibilità, proprio in virtù della natura speciale della sentenza di patteggiamento.

Il Mancato Proscioglimento ex art. 129 c.p.p.

Entrambi i ricorrenti lamentavano un difetto di motivazione da parte del giudice di primo grado riguardo alla mancata applicazione di una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 c.p.p. Tale norma impone al giudice di dichiarare immediatamente l’assoluzione qualora ne ricorrano i presupposti, anche in caso di patteggiamento.

L’Erronea Qualificazione Giuridica del Fatto

Uno dei due imputati ha inoltre contestato la corretta qualificazione giuridica data a uno dei reati contestati. Anche in questo caso, il motivo di ricorso è stato considerato del tutto generico, in quanto non specificava né a quale dei reati si riferisse, né quale sarebbe dovuta essere la corretta classificazione.

La Decisione della Corte: un ricorso in Cassazione inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, fornendo importanti chiarimenti sui limiti dell’impugnazione in caso di patteggiamento.

le motivazioni

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio consolidato: nel patteggiamento, il giudice non è tenuto a motivare specificamente il perché non abbia prosciolto l’imputato, a meno che dagli atti non emergano elementi concreti che rendano evidente una causa di non punibilità. In assenza di tali elementi, si presume che il giudice abbia compiuto la necessaria verifica. Nel caso di specie, i ricorsi erano generici perché non indicavano quali fossero le condizioni che avrebbero dovuto imporre una sentenza di proscioglimento.

In secondo luogo, riguardo alla qualificazione giuridica, la Corte ha evidenziato che l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. limita la possibilità di ricorrere per tale motivo ai soli casi in cui la qualificazione data dal giudice sia ‘palesemente eccentrica’ rispetto ai fatti descritti nel capo d’imputazione. Il ricorrente, invece, non solo non ha dimostrato tale ‘eccentricità’, ma non ha nemmeno specificato quale reato contestava. Di conseguenza, i motivi non rientravano tra quelli consentiti dalla legge per questo tipo di ricorso in Cassazione.

le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che la scelta del patteggiamento comporta una significativa rinuncia al diritto di impugnazione. È possibile presentare un ricorso in Cassazione, ma solo per motivi specificamente previsti e formulati in modo non generico. La contestazione sul mancato proscioglimento richiede l’indicazione di elementi concreti ed evidenti, mentre quella sulla qualificazione giuridica è ammessa solo in casi di errore macroscopico e palese. In assenza di questi requisiti, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p.?
No. È possibile solo se dal ricorso emergono elementi concreti che evidenziano la sussistenza di una causa di non punibilità. Un motivo generico, che non specifica tali elementi, è considerato inammissibile. Il giudice non è tenuto a fornire una motivazione specifica se non rileva palesemente tali cause.

Quali sono i limiti per contestare la qualificazione giuridica del reato in un ricorso in Cassazione post-patteggiamento?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., la contestazione è limitata ai casi in cui la qualificazione giuridica del fatto, come contenuta in sentenza, risulti ‘palesemente eccentrica’ rispetto al capo di imputazione. Il ricorso deve quindi dimostrare un errore evidente e macroscopico, non una mera diversa interpretazione.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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