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Ricorso in Cassazione: motivi inammissibili

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello. I motivi sono preclusi: il primo per rinuncia in appello, il secondo perché le critiche sulla pena sono considerate argomentazioni di merito, non sindacabili in sede di legittimità. La sentenza impugnata è ritenuta ben motivata. Il ricorrente è condannato a pagare le spese e una sanzione.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Quando un ricorso in Cassazione è dichiarato inammissibile?

Il ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo baluardo per la tutela dei diritti nel nostro ordinamento, ma il suo accesso è regolato da norme precise. Non ogni doglianza può essere portata all’attenzione della Suprema Corte. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di quali siano i limiti e le conseguenze di un ricorso basato su motivi non consentiti, illustrando l’importanza di una strategia difensiva coerente in ogni grado di giudizio.

Il caso in esame: un ricorso respinto in partenza

Il caso analizzato riguarda una persona che ha presentato ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. L’impugnazione si fondava su due argomenti principali, entrambi però ritenuti preclusi dalla Suprema Corte.

I motivi del ricorso

Il ricorrente contestava la sentenza d’appello su due fronti:
1. La responsabilità penale: il primo motivo metteva in discussione la colpevolezza stessa.
2. Il trattamento sanzionatorio: il secondo motivo criticava la determinazione della pena, ritenendola eccessiva e basata su una motivazione illogica e insufficiente.

Entrambi i motivi, tuttavia, si sono scontrati con ostacoli procedurali insormontabili, portando a una declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione.

La rinuncia in appello come ostacolo al ricorso in Cassazione

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile perché l’argomento della responsabilità penale era già stato oggetto di rinuncia nel grado precedente, attraverso un ‘concordato in appello’. In pratica, l’imputato aveva raggiunto un accordo sulla pena con la Procura, accettando di non contestare più la propria colpevolezza. Proporre nuovamente tale questione in Cassazione costituisce una violazione del principio di coerenza processuale e rende il motivo, per l’appunto, inammissibile.

Perché le critiche sulla pena erano inammissibili?

Il secondo motivo, relativo alla quantificazione della pena, è stato anch’esso respinto. La Corte ha stabilito che le critiche del ricorrente non erano specifiche e si traducevano in argomentazioni di merito. La Corte di Cassazione non può riesaminare le valutazioni discrezionali del giudice di merito, come la congruità della pena, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o del tutto assente.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione sufficiente, spiegando di aver considerato tutti i fattori, comprese le attenuanti generiche, e che la pena base era già stata fissata nel minimo edittale in primo grado. Pertanto, non vi era spazio per una censura in sede di legittimità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ribadito la sua funzione di giudice di legittimità, non di merito. Ha spiegato che i motivi dedotti non erano consentiti dalla legge, in quanto:

– Il primo era stato precluso dalla rinuncia espressa nel concordato d’appello.
– Il secondo si risolveva in una richiesta di nuova valutazione dei fatti e della congruità della pena, attività che esula dalle competenze della Cassazione, a fronte di una motivazione logica e adeguata da parte della Corte territoriale.

La decisione, pertanto, è stata quella di dichiarare l’intero ricorso inammissibile.

Conclusioni: le implicazioni pratiche della decisione

Questa ordinanza sottolinea un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti. I motivi devono essere strettamente legali e non possono contraddire le scelte processuali precedenti, come la rinuncia a determinati motivi in appello. La conseguenza diretta dell’inammissibilità è non solo la conferma della sentenza impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro. Una lezione importante sull’uso corretto e strategico degli strumenti di impugnazione.

Perché il primo motivo del ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché l’argomento, relativo alla responsabilità penale, era stato oggetto di rinuncia da parte del ricorrente durante il ‘concordato in appello’ (patteggiamento in secondo grado).

Per quale ragione la critica alla determinazione della pena non è stata accolta?
La critica è stata respinta perché considerata un’argomentazione di merito e aspecifica. La Corte di Cassazione non può rivalutare la congruità della pena se la sentenza impugnata presenta una motivazione sufficiente e non illogica, come nel caso di specie.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base a questa ordinanza, la declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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